È bastato che il mercato italiano avesse un mezzo scricchiolio lunedì per trovare i primi commenti sulla sottovalutazione, da parte degli investitori, del “rischio Italia”. La vicenda a prima vista appare singolare perché il -1% di lunedì arriva dopo un rally che continua ininterrotto dalla vittoria del no al referendum costituzionale e in altri tempi sarebbe stato archiviato senza particolari riflessioni. Per il Financial Times, “gli investitori hanno cominciato a guardare oltre la situazione in Francia”; per un economista di Barclays, in Italia “la questione principale in questo momento è la politica” e “presto i mercati cominceranno a chiedersi se l’Italia sarà in grado di scegliere un governo pro-euro”; sempre ieri mattina anche Citi diceva che il mercato è stato troppo ottimista sulla situazione politica italiana.
Oggi i mercati sono convinti che possibilità che Marine Le Pen vinca le elezioni in Francia siano prossime allo zero; se ci fossero dei dubbi non avremmo assistito ai rialzi delle ultime settimane e il mercato italiano sarebbe stato pesantemente penalizzato da qualsiasi ipotesi di rottura dell’euro. Secondo i sondaggi, Macron al secondo turno avrebbe il 60% dei voti contro il 40% di Marine Le Pen; una distanza incolmabile a meno di pensare a sondaggi completamente sbagliati. Sia nel caso del referendum sulla Brexit, sia nel caso delle presidenziali americane, i sondaggi mostravano distanze molto meno “rassicuranti”. Oltretutto si ha quasi l’impressione che la vittoria del Front National sia percepita dagli investitori come talmente distruttiva rispetto allo scenario attuale che, in un certo senso, non valga nemmeno la pena di preoccuparsi. Le elezioni francesi hanno tolto l’Italia dal radar degli investitori che sono stati costretti a spostarsi sulla minaccia più imminente nella perenne fonte di incertezza e tensioni che è l’Unione europea. Oggi, questi stessi investitori, si sono convinti, a torto o a ragione, che la Francia non sia un problema e cominciano a spostarsi su quello che sembra il prossimo problema dell’euro e cioè l’Italia.
La crescita rimane anemica, le riforme discutibili, il debito alto, il sistema bancario fragile e in più l’Europa rimane la stessa e oggi spinge per una manovra recessiva in un Paese dove la disoccupazione è a doppia cifra e il sistema finanziario debole. Non servono particolari capacità predittive per decidere che le possibilità che l’Italia diventi il prossimo argomento in Europa siano alte e che ci sia un’ampia scelta di possibili inneschi; tra questi il più facile è quello politico con una riedizione in salsa italiana delle preoccupazioni per voti “anti-euro”. Per quasi un anno l’Italia è stata ostaggio del referendum costituzionale e per tutto il 2016 l’Italia ha pagato caramente l’incertezza politica e l’incapacità di dare una risposta ai problemi del sistema bancario; sarà un caso, ma finito il referendum il problema Monte Paschi è sparito dalla cronaca in due settimane, quasi che si pensasse poter essere funzionale a un certo esito referendario.
Oggi la questione italiana non viene posta perché le elezioni francesi le fanno ombra e forse perché nessuno ha interesse ad alimentare spinte anti-europee prima di un passaggio così cruciale. I segnali che sono arrivati immediatamente, dopo un mezzo scricchiolio del mercato italiano, dovrebbero essere presi molto sul serio perché l’Italia ha dei problemi nell’euro e con l’Europa, perché l’economia è fragile e non cresce e perché la “politica” si sta occupando di tutt’altro incluse primarie e infornate di dipendenti pubblici. Il fatto che nessuno sui mercati se ne occupi perché ci sono le elezioni francesi non significa che i problemi non si vedano, ma semplicemente che al momento ce ne sono di più urgenti. Gli ultimi mesi sarebbero stati da sfruttare al massimo facendo leva in Europa sulla paura delle elezioni francesi e olandesi; invece si è deciso di perdere anche l’inizio del 2017 dopo tutto il 2016.
Questa volta non ci sono grandi argomenti da opporre a chi si preoccupa “della politica italiana” e si chiede cosa si possa opporre ai partiti “anti-euro”, soprattutto se l’Europa decidesse di somministrare all’Italia un altro giro di austerity inflitta in malafede a un Paese debole da quelli forti. A quanto pare per l’Italia la sconfitta della Le Pen non è una soluzione.