Ma è così vero che la posizione di Trump sulla questione del commercio internazionale è così intransigente e così drammaticamente orientata a un devastante protezionismo? Dovrebbe far meditare il fatto che le nostre leopardiane gazzette hanno suonato con gran clangor di buccine annunciando misure terribili contro vespe, salumi e formaggi che incidono ben poco sul nostro equilibrio commerciale (non ne nego l’importanza per carità), mentre invece la stampa internazionale negli stessi giorni non faceva cenno ad alcuna misura che impensierisse gli operatori sudamericani, francesi, tedeschi, del Regno Unito se non per il brusio il rumore il baccano che lo stile del nuovo Presidente americano solleva ogni volta che comunica con l’esterno, ossia con i social network e con quel suo stile che non si sa se drammaticamente preoccupato per un’economia Usa che continua a non avere quell’aumento di occupati che sarebbe del resto impossibile ottenere in così breve tempo, oppure ormai piombato in una disperazione senza appello per le minacce di impeachment che continuammo irresponsabilmente a essere ventilate da molto del suoi avversari.
A ben guardare l’incontro con il leader cinese Xi Jinping è decisivo su questi temi neo mercantilistici e su quelli del nuovo ordine geopolitico che il mondo sta lentamente ma inesorabilmente assumendo. In questo quadro si inserisce anche la minaccia della Corea del Nord: una minaccia reale e non immaginaria e che riporta all’ordine del giorno il ruolo di un Giappone che Abe aveva già immaginato avviato verso la via di neokeynesismo riarmato, che mi pare l’unica possibile per dissuadere e insieme contenere la minaccia cinese e nordcoreana, unendo il potere di roll back Usa con quello del Sol Levante.
L’impegno del Giappone sarà indispensabile per aprire il contenzioso della ridefinizione del sistema di pesi e di rilevanze in Asia, costruendo un sistema a geometria variabile che via via impegni la Cina, da un lato, per garantire la dissuasione della Corea del Nord e, dall’altro lato, la costringa sempre più a confrontarsi con un altrettanto articolato sistema di relazioni internazionali che sino a oggi non si è stati in grado di costruire. I cinesi controllano la costa asiatica dalla Cina del Sud sino a Gibuti, ossia al Corno d’Africa e in tal modo si candidano – come dimostra la cosiddetta Via della seta – a penetrare profondamente, attraverso i mari e ora attraverso l’heartland e i Balcani, in Europa, grazie alla costruzione complessa e originale del potere che hanno intessuto in Africa.
La potenza cinese sfida tutte le teorie geopolitiche che sino a oggi hanno ipotizzato la prevalenza del potere marittimo oppure del potere terrestre. La Cina, infatti, unisce un potere marittimo in costruzione a un potere terrestre demografico impressionante e continuamente intrecciato con la penetrazione economica. Trump ha colto l’elemento costitutivo dalla potenza cinese nel sistema di espansione economica all’estero.
L’entrata della Cina nella Wto è stato l’evento più catastrofico della storia mondiale degli ultimi due secoli, perché ha consolidato il potere finanziario globale sullo scheletro di uno stato neo nazionalsocialista che può – tramite appunto la finanza – proiettarsi in tutto il modo globalizzato. È come se Hitler avesse avuto a disposizione non solo le Sa e le Ss e il potenziale militare degli junker prussiani rinato e ringiovanito, ma anche il controllo di tutti polmoni finanziari dell’Occidente. Attraverso la distruzione e lo sterminio del popolo di Dio e l’occupazione economica e razziale delle terre emerse il Terzo Reich si avvicinò a questo risultato se non fosse stato fermato dall’alleanza tra Usa, Urss e Regno Unito. La storia ritorna sempre dove potere marittimo e potere euroasiatico si intrecciano. Non c’è dubbio alcuno. Trump ha compreso l’immenso danno che il socialismo e il laicismo politically correct internazionale degli anni Ottanta e Novanta del Novecento ha prodotto per l’azione ideologica e istituzionale dei cavalieri dell’apocalisse Blair e Clinton, unitamente ai seguaci di Jean Monnet e dell’ordoliberalismus.
La Cina presenta il paradosso di veder defluire dal suo seno immense flussi di capitali e insieme di vedere fragilizzare sempre più il suo sistema industriale e finanziario per la perdita di immense risorse, mentre le cattedrali del potere capitalistico insediatesi nel suo territorio cannoneggiano le industrie mondiali sradicandone i vantaggi competitivi evoluti a fronte di una concorrenza fatta di dumping sociale su tutti i fronti.
La Cina dispone di formidabili strumenti di dissuasione e di nascondimento della verità. Si è alleata, per esempio, con segmenti importanti della massoneria francese per diffondere la partita ideologica dell’économie circulaire il cui profeta è Jacques Attali, gran sacerdote della regolazione ordoliberista europea, sostenendo l’eccellenza della sostenibilità cinese a fronte della pollution europea e Usa! Una cosa che farebbe ridere se non ci fosse da piangere disperatamente per la capacità manipolatoria dei geni del male odierni.
In questo contesto, l’incontro di Trump con il capo della burocrazia terroristica del capitalismo monopolistico di stato cinese ricopre un’importanza decisiva. Può essere l’inizio di una strategia per rimettere il mondo in squadra contenendo le follie finanziarie blairiane e clintoniane e dei vari Soros del mondo, ripristinando un regime commerciale equo e fondato sui principi con cui nacque a suo tempo la Wto e che la Cina ha sistematicamente calpestato. Del resto – come ho già osservato nei miei lavori – da circa venti anni non si firma più un trattato multilaterale che sia rispettabile e applicabile. Il mondo è dominato da accordi bilaterali.
Sconfiggere il disegno egemonico cinese è fondamentale per la stessa sopravvivenza del sistema manifatturiero occidentale. E anche per la sopravvivenza della civilizzazione.
Mercoledì 12 aprile, alle 11.30 presso l’Associazione stampa estera di Milano, in via della Palla 1, l’autore presenterà il suo nuovo libro “Un nuovo mondo. La rivoluzione di Trump e i suoi effetti globali”, edito da Guerini e Associati.