Che palle questa democrazia! Non ha ovviamente usato questo tono, essendo lui una persona educata, ma il senso delle parole di Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici e monetari dell’Ue, era questo, quando ieri ha dichiarato che «l’incertezza che pesa sull’economia europea dopo le elezioni in Olanda e in Francia, dovrebbe continuare a diminuire nei mesi a venire, all’avvicinarsi della conclusione dell’impressionante ciclo elettorale in Europa». Insomma, il continuo ricorso alle urne, oltretutto sotto il giogo del rischio populista, sembrerebbe rallentare il trend della crescita europea, comunque sempre in ripresa.
Moscovici ha infatti parlato in occasione della presentazione delle stime di crescita della Commissione Ue, appuntamento che ci ha però confermato una certezza: elezioni o no, l’Italia resta maglia nera in Europa per la crescita. Stando ai dati del massimo organismo Ue, che ha lasciato invariate le stime di crescita invernali (+0,9% nel 2016 e 2017, e +1,1% nel 2018), nel nostro Paese continua una «modesta ripresa». Quest’anno, Bruxelles prevede anche una «leggera accelerazione» degli investimenti nelle costruzioni, anche grazie a «più risorse stanziate per gli investimenti pubblici, un assorbimento più alto di fondi europei e l’impatto del piano Juncker». Nonostante ciò, le «costrizioni finanziarie per il settore costruzioni e per le Pmi restano».
L’Italia, dunque, si posiziona all’ultimo posto per la crescita sia nel 2017 che nel 2018: «Da 0,9% quest’anno passa a 1,1% l’anno prossimo, perché persistono le fragilità strutturali che conosciamo», ha ribadito il Commissario agli Affari economici. Ma vediamo qualche altro numero, come riportato dall’Ansa. La Commissione Ue rivede al ribasso le stime sul deficit italiano, che scende grazie alla manovra-bis a 2,2% quest’anno (a febbraio era dato a 2,4%), e a 2,3% nel 2018 (a febbraio 2,6%). «Le misure aggiuntive prese ad aprile, soprattutto per aumentare la riscossione delle tasse, manterranno stabile il carico fiscale nonostante la riduzione della tassazione per le imprese dal 27,5% al 24%», scrive Bruxelles. In più. «è in leggero deterioramento il deficit strutturale». C’è poi il nodo del debito, per il quale è previsto un ulteriore «leggero aumento» quest’anno, poiché salirà al 133,1% dal 132,6% del 2016, dinamica «dovuta anche alle risorse aggiuntive stanziate per il sostegno pubblico al settore bancario e agli investitori retail». Infine, la politica: «L’incertezza politica e il lento aggiustamento nel settore bancario rappresentano rischi al ribasso alle prospettive di crescita italiane», anche se «l’elevata fiducia nella manifattura potrebbe implicare una domanda esterna più forte di quella data dalle previsioni».
Ma attenzione, perché le fredde cifre possono far perdere il focus sulle dinamiche davvero interessanti, quelle che potrebbero prospettare per il nostro Paese e per la Bce, come vi dicevo ieri, un’estate torrida e un autunno da 1992 in versione 2.0. Interpellato sulla vittoria di Emmanuel Macron alle presidenziali francesi, ecco la parole di Pierre Moscovici: «Sono lieto, e questo sentimento è condiviso all’interno della Commissione, per la sua vittoria alle elezioni francesi, in quanto ha consentito di evitare la minaccia di un populismo xenofobo violento e antieuropeo. È un segnale molto bello, non solo per la Francia ma anche per l’Europa. Macron è un europeista impegnato, che potrà realizzare progressi nella governance dell’eurozona, benvenuto». Insomma, praticamente è come se fosse nato un Messia laico. Ma a nascere, invece, pare un pericoloso asse contro l’Italia.
Ecco, infatti, le parole del padrone del vapore, ovvero il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble: «Da molto tempo che l’Unione monetaria vada rafforzata. Il problema è noto: abbiamo una politica monetaria comune senza una convergenza adeguata delle politiche economiche e finanziarie. Ora si tratta di migliorare, intanto, nei Paesi dove mancano le riforme strutturali e la competitività. Ne abbiamo parlato spesso, io e Macron. Abbiamo molti punti in comune», ha spiegato in un’intervista concessa a Repubblica. Ma c’è dell’altro, perché con Macron non ha parlato solo della necessità di riforme, bensì anche di creare una sorta di Fondo monetario europeo attraverso il rafforzamento del Fondo salva-Stati (Esm) e nominare una specie di ministro unico delle Finanze. Il tutto, ovviamente, senza cedere un minimo al concetto di mutualizzazione fiscale. E a cosa porterebbe questo? Al bypassaggio dei vincoli posti dai vari Parlamenti alla modifica dei Trattati, devastando alla radice il concetto residuo di sovranità. «Sono già d’accordo con Macron», ha garantito il potente ministro della Merkel. Capito cosa ci aspetta? D’altronde, quando sei pecora nera, non puoi lamentarti tanto. Devi soggiacere alle richieste europee, visto che la ripresa dell’eurozona è strepitosa e la colpa dei rallentamenti è delle elezioni che destabilizzano – strana interpretazione della democrazia – e dell’Italia che non fa le riforme che richiede Bruxelles.
Ecco il dato europeo, sempre presentato ieri: «Una crescita salda che continuerà con un ritmo stabile e con un Pil rivisto al rialzo per l’eurozona all’1,7% per il 2017 (1,6% nelle previsioni d’inverno) e invariato all’1,8% per il 2018. Ritoccato in su anche il Pil per l’Ue a 28 a 1,9% per entrambi gli anni da 1,8%». A detta della Commissione Ue, «l’Europa entra così nel suo quinto anno consecutivo di ripresa, che sta ora raggiungendo tutti gli Stati membri». Proprio sicuri? Vi faccio un esempio semplice semplice in grado di smontare la narrativa in atto. Guardate questi tre grafici, i quali ci mostrano rispettivamente quanto segue: il mercato azionario greco mercoledì pomeriggio ha chiuso in rialzo per il 12mo giorno di fila, la striscia positiva più lunga dal 1999, piazzando un guadagno del 25% che rappresenta uno dei risultati migliori al mondo nel 2017. Il perché è presto detto: il rinnovato accordo sul salvataggio e sul debito con i cosiddetti creditori. Secondo, l’ultima volta che il mercato azionario ellenico era così overbought è stata nel settembre 1999, spartiacque cui poi seguì un calo del 77%. Terzo e ultimo, i rendimenti dei bond greci sono collassati ai minimi post-crisi nelle scorse settimane, il tutto a conferma del fatto che il nuovo accordo sia in cassaforte.
Peccato che ci sia un lievissimo intoppo: quell’accordo è anti-costituzionale in base alla legge greca. Lo State Audit Council di Atene, infatti, ha sancito che i tagli supplementari alle pensioni contenuti in quel memorandum violano la Costituzione e contravvengono addirittura le stesse regole europee, quelle regolate dalla Convezione Ue sui Diritti umani. Esatto, gli stessi diritti umani per cui Repubblica si strappa le vesti, quando denuncia in prima pagina la persecuzione dei gay in Cecenia, nel caso de pensionati minimi greci non valgono. Altrimenti le banche si arrabbiano. E anche gente tipo Moscovici. Quei tagli toccheranno oltre un milione di pensionati greci, che vedranno decurtazioni fino al 18%, sia sulle pensioni normali che su quelle sociali o di accompagnamento/reversibilità. Di più, i pensionati ellenici soffriranno perdite mensili tra i 45 e i 350 euro, mentre la perdita annuale massima potrebbe raggiungere i 3mila euro, il corrispettivo di 2,5-3 mensilità pensionistiche.
E attenzione, non esiste alcuna esenzione dai tagli imposti dall’accordo: né per i pensionati minimi, né per le vedove, né per i percettori di pensione d’invalidità. Stiamo parlando del quinto taglio delle pensioni dal 2010 a oggi: non basta ancora? Cosa vogliono a Bruxelles e all’Fmi dai greci, anche le dentiere e i pitali? E cosa dice il governo greco, quello guidato dal Masaniello del Pireo, al secolo Alexis Tsipras? La decisione dello State Audit Council «non è vincolante, sull’argomento faremo riferimento a quanto deciso dal Consiglio di Stato». E, a vostro modo di vedere, quest’ultimo cosa deciderà, quando in cassa i soldi staranno finendo un’altra volta e si starà avvicinando l’ennesima tranche di rimborso? Insomma, qualcuno sa dirmi se questa è l’Europa di cui Moscovici si vanta tanto, bacchettando l’Italia sulle nocche? A me piacerebbe chiedere una cosa sola Commissario Ue: se l’Europa è salva, le prospettive inflazionistiche in trend rialzista e con la Bce pronta al tapering, come mai alcuni Stati europei stanno cominciando a emettere bond a lunga scadenza? La Francia di Macron, casualmente, sta lavorando al lancio di un bond a 30 anni e anche Italia e Belgio stanno studiando la pratica. Addirittura, alcuni rumors parlano del fondo Efsf che opererebbe nel frame.
Io capirò poco di economia, ma i bond a lungo termine hanno un senso quando ci sono aspettative inflazionistiche basse all’infinito, cioè quando il futuro è quello di tassi bassi per sempre: come si concilia tutto questo con la narrativa dell’economia europea in ripresa rosea e con l’atteggiamento di Commissione e Bce? Perché bond sovrani a 30 anni, se l’economia continuerà a crescere? Forse sta succedendo qualcosa ma, ancora, non sappiamo cosa sia? Forse i mercati – e gli Stati – sanno che sta arrivando uno shock e che, come vi dicevo ieri, la Bce sarà costretta a fare gli straordinari: l’attivismo folle sul mercato azionario e obbligazionario greco delle ultime settimane ne è la riprova. Se arriva lo shock, si venderà tutto capitalizzando al massimo i rialzi ottenuti in primavera, grazie alle false promesse dell’ennesimo accordo. Poi, dopo il tonfo, ci sarà ancora vita, perché ci avrà pensato il buon Mario Draghi, il quale infatti ripete a ogni piè sospinto che l’Eurotower è pronta a intervenire, in caso le condizioni deteriorassero.
E al netto della bolla creditizia cinese, la quale drenerà l’impulso monetario finora garantito a livello mondiale, cosa di meglio di un bell’assalto alla diligenza Italia passato il G-7 e durante l’estate, quando si abbassa la guardia? D’altronde, di gente che vorrebbe votare a novembre mi pare ce ne sia sempre di più, ogni giorno che passa. E l’Europa ha già in agenda di imporci le riforme, forte del nuovo asse Francia-Germania. Stavolta, la tempesta pare davvero perfetta. E di quinte colonne siamo davvero pieni.