Giovedì il neo amministratore delegato di Leonardo, già Finmeccanica, Alessandro Profumo ha incontrato i dirigenti e i quadri del gruppo per illustrare alcuni punti della nuova strategia. È stato escluso lo spezzatino ed è stata ribadito l’obiettivo di un rafforzamento strategico e commerciale. La premessa a qualsiasi discussione sul futuro di Leonardo è che, oggi, la società controllata dal governo è una delle pochissime grandi società italiane che hanno posizioni di leadership globale o continentale in settori tecnologici avanzati. Il particolare settore in cui la società opera, la difesa, la rende strategica per il governo italiano non solo per le ovvie conseguenze militari, ma anche in ottica di rapporti commerciali con controparti che non possono che essere governative e che possono essere funzionali a relazioni commerciali e di politica estera più ampie. La presenza in un settore così delicato ha messo la società, e la sua tecnologia, al riparo da cessioni e dall’”Euoropa” perché gli stati nazionali hanno ancora ampi margini di discrezionalità in questo ambito.



Questo è quello che è accaduto fino a oggi, ma in questa fase si aprono due questioni. La prima è che in Italia si parla ancora di privatizzazioni come mezzo per ridurre il debito pubblico; una misura senza senso per tantissime ragioni. Il debito pubblico non viene nemmeno scalfito e in compenso si perdono beni che rendono di più del costo del debito pubblico e il cui ritorno sul pil e la competitività italiani è senza prezzo. La seconda questione è che il “più Europa” in Italia si sta traducendo in una colonizzazione senza eguali nel continente del sistema economico e finanziario; tutto si giustifica in un’ottica europea che sembra una fregatura. L’Italia perde il controllo del suo principale operatore telefonico, delle sue banche, del suo risparmio, delle sue assicurazioni e domani delle sue televisioni perché tanto siamo in Europa; la verità invece è che la Francia e la Germania, e le loro imprese, continuano a fare gli interessi dei loro sistemi Paese e basta.



Il rischio in questo scenario è che anche Leonardo sia coinvolta in un “consolidamento europeo”; non può essere un caso che i ministri Pinotti e Gentiloni meno di un anno fa, agosto 2016, abbiano pubblicato un articolo in cui si invocava una maggiore collaborazione a livello europeo sulla difesa, “mettendo in comune un certo numero di competenze e risorse” in Europa. Il giorno successivo alla pubblicazione del pezzo tutti gli investitori erano arrivati all’ipotesi, senza particolari sforzi di fantasia, che questi desideri potessero materializzarsi in una fusione tra Leonardo e Airbus. Oggi questa evoluzione non è meno improbabile e anzi potrebbe essere giustificata dalla “contropartita” dell’acquisizione di Stx France da parte di Fincantieri. L’unico problema è che Stx France è stata comprata con 80 milioni di euro e Leonardo vale 100 volte tanto con una capitalizzazione di quasi 9 miliardi di euro, che il sistema francese si è tutelato con una governance blindata mentre gli azionisti italiani verrebbero diluiti molto in una fusione con un gruppo, Airbus, che capitalizza 56 miliardi di euro ed è saldamente in mano al governo francese.



Praticamente oro in cambio di palline di vetro colorato. Speriamo veramente che a nessuno sia venuto in mente un suicidio di questo genere.