Non cambierà mai: Matteo Renzi è coerente a se stesso, ed è l’unico connotato che nessuno gli può contestare. Un foglio bianco ha davanti, sì: ma solo lui può metterci penna. Appena tornato in un ruolo di potere, ha ripreso a sparare le sue rodomontate colossali, soprattutto in materia di economia, proprio dov’è meno ferrato. “Entro metà maggio il Pd farà una proposta al governo su Alitalia”, aveva già annunciato “in odore di vittoria” alle primarie, nella sonnacchiosa serata del confronto con i due sfidanti su Sky. E poi ha rilanciato a Porta a Porta: “Non bisogna buttare via soldi pubblici, ma c’è la possibilità di chiudere un accordo in modo differente, ne sono convinto: l’operazione Meridiana, che abbiamo seguito noi, sembrava impossibile, non è stato facile, ma ora Qatar ha risolto la questione e la compagnia ha una prospettiva”. Dove quel “noi” è un pluralis maiestatis, e cita un caso completamente diverso – quello di una compagnia regionale a vocazione turistica, Meridiana – che oltretutto è passata da un arabo all’altro con perdite di posti di lavoro e quattrini (privati, a parte la Cassa integrazione) a palate.
Alitalia è lo specchio di Dorian Gray delle buone intenzioni di Renzi. In pubblico le enuncia, in privato lo specchio descrive la verità: riprenderà a fare di testa sua, innamorato di sé, del suo mito demiurgico e dei voti che brama ardentemente. Da notare che da qui a metà maggio, la scadenza promessa dal Vate per distillare le sue idee salvifiche, Alitalia perderà altri 30 milioni di euro. Un 5% del prestito da 600 milioni che gli verrà fatto – vedremo in che misura anche dallo Stato, se unicamente come azionista attraverso Poste o anche per altre strade – per darle modo di non dover cessare immediatamente l’operatività. Trenta milioni anche per dar modo a Renzi di decidere cosa dovrà decidere il governo Gentiloni. Trenta milioni in quindici giorni, tre quarti di tutti i soldi che le Regioni e gli enti locali trasferiscono a tutte le “low-cost” per incentivarle a servire determinati aeroporti, e di cui gli ultimi vertici dell’Alitalia autonoma – quella ante-commissariamento – hanno avuto il coraggio barbaro di lamentarsi.
“Alitalia è diversa”, ha aggiunto Renzi, chiudendo l’improprio parallelo con Meridiana, “il management ha fatto errori clamorosi, su questo sono totalmente d’accordo con Calenda. Il punto è che prendendosi un po’ di tempo le condizioni per una soluzione ci sono”. Due chiose soltanto: uno sprazzo di sincerità, in quell’espressione su Calenda: “su questo sono totalmente d’accordo”, perché tutti sanno che non è d’accordo su nient’altro col ministro che s’è scelto lui stesso per lo Sviluppo economico e che oggi vedrebbe volentieri in esilio, semplicemente perché ne teme la competenza e le relazioni internazionali; e poi, ineffabile, quel “prendendosi un po’ di tempo”, che è esattamente ciò di cui Alitalia ha abusato.
Lo hanno già fatto in tanti, per fortuna, ma non bisogna per questo trascurare che su Alitalia Renzi aveva già toppato quanto sul Montepaschi quando, il 4 giugno del 2015, volle a tutti i costi partecipare alla presentazione della nuova livrea del personale, a Fiumicino, quella su cui poi fioccarono le polemiche per la foggia arabeggiante dei copricapo e comunque delle divise di bordo delle hostess. Col solito tono da liceale capogita, in quell’occasione Renzi superò se stesso: “Vorrei fare quello che ho sempre sognato di fare, lo steward. Non la hostess, evidentemente…Vi chiedo di allacciarvi le cinture, perché qui stiamo decollando davvero. Abbiamo bisogno di correre perché l’Italia ha bisogno di recuperare gli anni che ha perso. Allacciate le cinture, Alitalia decolla per nuove destinazioni. Il decollo di Alitalia è il decollo dell’Italia. È finito il tempo in cui anche in questo settore bastava lamentarsi. Lavorando duro, l’Italia riprende il volo”.
Questo accostamento – il decollo di Alitalia è il decollo dell’Italia – visto l’esito fa, in verità, accapponare un po’ la pelle… E se Renzi menasse un po’ gramo? Sarà politicamente scorretto insinuarlo, anche perché il malocchio non esiste e non è mai autolesionistico, però…
Comunque dev’essere proprio al ruolo di steward che l’ex premier e neo-bis-segretario dev’essere davvero affezionato, anche alla luce del numerino che ha messo in scena l’altro giorno, sull’aereo Alitalia in volo verso Bruxelles, dove si stava recando per la chiusura della campagna per le primarie. Afferrato l’interfono, il capogita si è prodotto in un annuncino di quelli che di solito fanno appunto hostess e steward… e dopo aver dato le informazioni sull’arrivo in orario, ha commentato, con il solito tono da “Ruota della fortuna”: “Perché Alitalia funziona, alla faccia di quelli che ne parlano male!”. Ma come “Alitalia funziona?”. Ma cosa dice?
Dopo di che, con lo stile sobrio da magliaro italo-americano in vacanza, non ha omesso di sottolineare – dimenticandosi dello spettacolino messo in scena del giugno 2015 – che la colpa del disastro Alitalia non lo coinvolge: “Non ho preso le distanze dalla vicenda Alitalia, ma è uno dei pochi dossier non visti nei mille giorni” (tradotto: “Fingo di essere corresponsabile, ma sia chiaro che non c’entro niente”), perché “la scelta di Ethiad è stata del governo precedente e la crisi Alitalia è esplosa nella seconda metà di dicembre, dopo il passaggio della campanella con Gentiloni”. E se ha risparmiato i “capitani coraggiosi” messi in campo nel 2007 da Berlusconi, è stato giusto perché con Arcore sta trattando la coalizione post-elettorale anti-Grillo.
Infine, la vera boiata: “Ma senza prendere le distanze, anzi appoggiando la posizione del governo (tradotto: Paolo, stai sereno) ci deve essere la capacità di prendersi cura della migliaia di dipendenti. Ma come si fa in Italia, con un brand che ha l’aereo del Papa, a non trovare una soluzione?”. Se è per questo, non Alitalia direttamente, ma il suo principale azionista Etihad ha anche l’aereo del premier, cioè l’Airbus preso in leasing dal governo per volere di Renzi, alla modica spesa di 15 milioni di euro all’anno. Ma questo dettaglio Renzi non l’ha ricordato, in fondo Alitalia 15 milioni li perde in una settimana, cosa vuoi che siano.
Bella domanda, comunque, quella sulla soluzione della crisi Alitala. Cui possono rispondere senza esitazioni, come faceva lui con Mike alla Ruota della fortuna, migliaia di piccoli e medi imprenditori, e decine di migliaia di loro dipendenti, che negli anni della crisi hanno dovuto portare rispettivamente i libri in tribunale e i libretti di lavoro all’Ufficio provinciale per avere la cassa, senza che nessuno commissariasse le loro aziende per evitare che cessassero l’attività e senza che nessun tuonasse contro il fallimento, che è stato l’esito inevitabile, e legale, delle stragrande maggioranza di quelle crisi.
La linea Renzi è la risposta più coerente a quell’80% di “no” che l’organico dei 12 mila dipendenti Alitalia ha opposto a un piano di ristrutturazione che era stato ammorbidito forse oltre la soglia della validità purché passasse e legittimasse gli arabi di Etihad – indotti in errore dal loro mentore Montezemolo, ma non tutti con l’anello al naso – a mettere altri soldi nella fornace della Magliana… Quel “no” ha significato una sola cosa: dicono che ci lasceranno fallire, ma non avranno il coraggio di farlo. E difatti…
Renzi è il leader giusto di quell’Italia che non crede agli ultimatum e alle responsabilità, perché è sempre colpa di qualcun altro, e che affolla i seggi elettorali solo quando ha da scambiare qualcosa col potere che c’è o con quel che ci sarà.