Nei mesi scorsi si è parlato molto di Deutsche Bank in collegamento con le vicende di Mps. Non solo per i contratti derivati della banca tedesca serviti a quella italiana per occultare delle perdite, ma anche perché il gigante finanziario teutonico è per molti commentatori l’esempio di come problemi con le banche esistano anche in Germania e non solo in Italia. Dopo l’ultimo aumento di capitale da 8,5 miliardi di euro, ora il primo azionista di Deutsche Bank è diventato il gruppo cinese Hna, con una quota intorno al 10%. Come ricorda Mf-Dow Jones, Hna ha iniziato la sua attività come operatore aereo, per poi espandersi nel turismo e nella finanza. Al secondo e terzo posto nell’azionariato di Deutsche Bank ci sono la famiglia reale del Qatar e il fondo Usa BlackRock.
Mentre si attendono ancora comunicazioni dalle istituzioni europee circa il via libera al piano industriale di Mps, Il Giornale ricorda che la Germania ha speso 22,5 miliardi di euro per salvare il suo sistema bancario. Camilla Conti cita i dati relativi al fondo pubblico tedesco per la stabilizzazione dei mercati finanziari, che ha chiuso il 2016 in utile. Tuttavia nonostante questo risultato, dal 2008 “il fondo ha accumulato un passivo di 22,5 miliardi con un costo finale, per i contribuenti tedeschi, che sarà possibile definire soltanto dopo la chiusura prevista a inizio 2018”. L’attività del fondo non terminerà dopo quella data, perché si suddividerà in due. Le banche partecipate eventualmente non solventi verranno avviate verso un processo di fallimento e chiusura.
Non ci sarà solo Mps a dover fare i conti con i crediti deteriorati tra i suoi asset. Anche Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, infatti, dovranno intervenire sulla mole di Npl in loro possesso. E il Fondo Atlante potrebbe avere un ruolo nel progetto di cartolarizzazione, acquistando le tranche junior e mezzanine. Lo scrive Milano Finanza, spiegando anche che il fondo di Quaestio sgr dovrebbe non essere più l’azionista di riferimento delle due banche venete. Atlante, del resto, ha dovuto finora usare il grosso delle sue risorse proprio per intervenire negli aumenti di capitale di questi due istituti di credito, evitando il loro fallimento. Ora toccherà allo Stato, se ci sarà il via libera di Bruxelles, metterle al sicuro con la ricapitalizzazione precauzionale.
Respinta la richiesta di archiviazione, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, rispettivamente ex Presidente ed ex Amministratore delegato di Mps, dovranno affrontare l’udienza preliminare in cui sono accusati di aggiottaggio e falso in bilancio. Il Sole 24 Ore ha dedicato un articolo al contenuto della consulenza tecnica richiesta dalla Procura generale di Milano e contenuta negli atti dell’inchiesta sul dissesto della banca toscana. Secondo tale consulenza, se le perdite derivanti dai derivati Alexandria e Santorini non fossero state occultate, forse la richiesta all’Ue di un aiuto di Stato tramite i Monti-bond avrebbe avuto un percorso diverso. Nella relazione si dice anche che Monte dei Paschi di Siena non ha utilizzato i Var, ovvero una misura di rischio utilizzata per gli investimenti finanziari, ma un metodo standard più vecchio.
“Va notata la differenza fra cifre effettivamente comunicate e quelle con Alexandria e Santorini. Il Var giornaliero comunicato il 31 dicembre 2011 risulta 26 milioni, ma ricalcolato con i due derivati è di circa 209 milioni. E ancora nella semestrale 2015 il Var ricalcolato è circa 13,5 volte quello comunicato”, si legge nel testo della consulenza tecnica, che evidenzia anche che le due operazioni sono state strutturate in modo che si potesse sostenere che formalmente non erano derivati, ma finanziamenti coperti da una garanzia. Tuttavia, i titoli oggetto di tale garanzia non erano nella disponibilità di Monte dei Paschi di Siena, “perché mai effettivamente scambiati in Alexandria e scambiati con una operazione di dubbia sostanza economica in Santorini”. Per queste ragioni, quindi, si arriva a ricordare che con 5,7 miliardi di perdite nette nell’esercizio 2011, anziché i 4 dichiarati, e riserve minori, le autorità europee avrebbero potuto avere dubbi sul dare il via libera ai Monti-bond.