Non c’è affatto da stare tranquilli riguardo la situazione di Alitalia e le iniziative che il Governo ha deciso di intraprendere dopo il via libera al commissariamento della compagnia aerea. Certo, il prestito ponte, come ha detto il ministro Calenda, è “un male necessario, inevitabile”, perché lasciare gli aerei a terra da un giorno all’altro avrebbe conseguenze molto più costose per i contribuenti. Tuttavia c’è da chiedersi perché mettere sul piatto 600 milioni di euro. Si tratta di una cifra piuttosto importante, che potrebbe consentire un altro anno di attività, considerando che nel frattempo si spera che i commissari intervengano riducendo costi e sprechi. Un conto è quindi mettere sul piatto le risorse necessarie a far sopravvivere la compagnia nel breve termine per evitare di lasciare gli aerei a terra domani mattina, un’altra è garantirle un anno di vita: di fatto Alitalia diventerà per forza di cose uno dei temi della campagna elettorale.
Sul futuro di Alitalia, l’obiettivo dichiarato del Governo è chiaro: vendere l’azienda “in blocco”. Ma chi mai potrebbe comprare Alitalia “così com’è”? Pensiamoci un attimo: cosa potrebbe avere di così speciale la compagnia italiana per cui un altro vettore dovrebbe acquistarla chiavi in mano? Ha una flotta particolarmente interessante? Slot o presenze in alcuni aeroporti strategici? A quanto ha scritto Il Sole 24 Ore “l’argenteria” l’ha già avuta Etihad a prezzi stracciati, tanto che potrebbe essere già rientrata dell’investimento fatto nella compagnia italiana. In definitiva, l’unica cosa cui potrebbe essere interessato un suo concorrente sono i suoi passeggeri. E quelli se li può prendere molto più a buon mercato con il fallimento di Alitalia.
Dunque appare inverosimile pensare che si possa cedere la compagnia in blocco a un altro vettore che dovrebbe essere per di più con passaporto europeo, per non perdere la licenza comunitaria. Tanto più che il potenziale acquirente ha già visto qual è la disponibilità dei lavoratori a eventuali tagli da effettuare. Chi potrebbe essere dunque interessato a una compagnia tradizionale che è poco sviluppata e limitata da accordi commerciali laddove le compagnie tradizionali guadagnano (ovvero il lungo raggio)? Vedremo quanti si faranno avanti quando verrà avviato il programma dei commissari per raccogliere le manifestazioni di interesse.
Note dolenti finite? No, torniamo un attimo al prestito ponte, che Graziano Delrio ha specificato essere oneroso, perché “lo Stato conta di rientrare”. Forse il ministro dovrebbe prima pensare a rientrare dal prestito ponte del 2008: 300 milioni di euro mai più rivisti. E chi secondo lui dovrebbe restituire i 600 milioni di prestito? Il fantomatico compratore che si pensa di trovare?
Ricapitoliamo, quindi: la compagnia dovrà essere venduta in blocco a un altro vettore comunitario, che dovrà restituire 600 milioni di euro allo Stato e non operare tagli al personale. E nel frattempo, ovviamente, investire in Alitalia sperando di realizzare utili e non perdite. Si può essere forse tranquilli se questa è la strategia enunciata dal Governo? I commissari dovranno fare davvero dei miracoli. Siamo certi, intanto, che tante altre aziende che hanno richiesto o richiederanno la procedura di commissariamento sarebbero ben liete di ricevere lo stesso trattamento riservato ad Alitalia. La quale, dopo dieci anni, tornerà ad animare la campagna elettorale e le promesse dei candidati Premier a Porta a porta.