La modifica dei parametri Ace inserita nella manovra correttiva porterà a un risparmio di 891 milioni di euro in minori tasse per Mps e di complessivi 2 miliardi per il sistema bancario. Cosa che non va giù a Giorgia Meloni, che sulla sua pagina Facebook in un post segnala come “evidentemente i 20 miliardi stanziati da Gentiloni pochi mesi fa per salvare Mps non sembravano sufficienti”. La leader di Fratelli d’Italia ricorda che la giustificazione che viene trovata per questi aiuti alle banche è che così potranno riprendere a finanziare l’economia reale, ma, fa notare Meloni, i prestiti alle imprese continuano a diminuire. “Gli italiani sono stanchi di questi governi asserviti alle banche e che strozzano di tasse le famiglie e le imprese”, aggiunge quindi l’ex ministra.
Si sa che uno dei nodi che Mps dovrà affrontare dopo la ricapitalizzazione precauzionale è quello relativo ai crediti in sofferenza. Il Sole 24 Ore ha riportato i dati dell’Unione nazionale delle imprese a tutela del credito (Unirec), secondo cui ammontano a 26 miliardi di euro gli Npl che le banche chiedono alle società specializzate di riscuotere. Nel 2016, questa voce ha rappresentato ben il 38% degli importi complessivi da recuperare e il 14% del numero di pratiche. Il Presidente di Unirec, Marco Pasini, ha detto di attendersi che per il 2017 ci sia un aumento degli importi complessivi tra l’8% e il 10% in virtù di un possibile incremento del 15% degli Npl. Prevalentemente (91%) gli Npl che vengono assegnati alle società di recupero credito riguardano le famiglie, con una quota più limitata (9%) riguardante le imprese. Per lo più gli Npl derivano rate non pagare di prestiti bancari, di credito al consumo o mutui.
Il tentato aumento di capitale di Mps, poi non riuscito, sembra aver tracciato comunque una strada. Secondo quanto scrive Milano Finanza, infatti, Carige ha intenzionato di realizzare il suo rafforzamento patrimoniale in due fasi. La prima prevede la conversione dei bond subordinati in nuove azioni, proprio com’è avvenuto nel caso di Montepaschi. La seconda fase consiste nel vero e proprio aumento di capitale. Nel caso della banca ligure si spera che le cose vadano ovviamente meglio rispetto a quando avvenuto con Montepaschi. Anche se il fatto comunque che l’aumento vero e proprio sia da 450 milioni di euro dovrebbe senz’altro essere d’aiuto. Si tratta di un decimo circa della somma che la banca toscana contava di raccogliere sul mercato a dicembre.
Giovedì si è riunito il Consiglio di amministrazione di Monte dei Paschi di Siena per approvare i conti relativi al primo trimestre dell’anno. Secondo quanto risulta, però, si è fatto anche il punto sul nuovo piano industriale e le relative trattative in corso con le autorità europee. Marco Morelli avrebbe quindi consegnato ai membri del board un’informativa, dalla quale emergerebbe che i nodi principali da sciogliere riguardano i crediti deteriorati, i costi e la nuova struttura del capitale. Riguardo il secondo punto, la Commissione europea continua a premere per far sì che via sia una riduzione dei costi capace di portare a un rapporto cost/income vicino al 50%. Tuttavia, se si facessero troppi tagli, la banca rischierebbe di generare ancora meno ricavi. Il Tesoro starebbe continuando a fare da mediatore tra Siena e Bruxelles e, secondo quanto scrive il quotidiano di Confindustria, al board ci sarebbe stato comunque un certo ottimismo sul buon esito della trattativa. Per quanto riguarda gli Npl, invece, l’ipotesi al momento più probabile sarebbe quella di cartolarizzare il portafoglio da 29 miliardi di euro utilizzando la Gacs sulle tranche senior e facendo intervenire anche il Fondo Atlante.
Se il piano verrà approvato, come si pensa, nell’arco delle prossime due settimane, le svalutazioni conseguenti al deconsolidamento delle sofferenze bancarie dovrebbero riflettersi nei conti del prossimo trimestre. La road map sembrerebbe comunque tracciata, con le delibere degli organi societari entro la metà di giugno e la vera e propria ricapitalizzazione precauzionale entro la fine dello stesso mese.