Evidentemente il discorso di Draghi ai parlamentari olandesi ha sortito un effetto opposto a quello desiderato. Forse sperava di riuscire a tranquillizzare i parlamentari olandesi affermando che nessuno esce dall’euro. Ma la mancata risposta sui 100 miliardi di credito vantati dalla banca centrale olandese evidentemente hanno avuto un effetto opposto. Infatti, proprio il parlamento olandese ha deciso l’istituzione di una commissione parlamentare per l’uscita dall’Eurozona, che è incaricata di stabilire se si può abbandonare la moneta unica e come farlo. Per arrivare a queste conclusioni verrà esaminato quale sarà il futuro della moneta unica, per verificare se all’Olanda conviene rimanere oppure uscire dall’euro.



A portare avanti questa inchiesta è il Consiglio di stato, l’organo che fornisce consulenza legale al Governo. L’idea è venuta dopo che le politiche di tassi ultra-bassi della Bce hanno penalizzato diversi risparmiatori olandesi e nasce anche dai dubbi sulla legalità del programma di acquisto di bond. L’aspetto sorprendente di questa vicenda è che a chiedere questa inchiesta non è stato un parlamentare del partito di Geert Wilders, da sempre ostile all’euro, bensì Pieter Omtzigt, parlamentare euroscettico del partito d’opposizione cristiano democratico, il quale ha motivato questa richiesta col fatto che la politica monetaria della Bce ha danneggiato enormemente l’economia olandese. Se questa è la risposta all’affermazione di Draghi che dall’euro non si esce, si può dire il nostro Governatore che ha clamorosamente fallito.



E non poteva essere altrimenti: le regole della Bce sono solo il frutto di un’ideologia, non hanno il minimo fondamento scientifico. Recentemente lo ha ribadito pure il premio Nobel Stiglitz: i parametri sul debito (al 60% del Pil) e del deficit (al 3% sul Pil) non hanno alcun fondamento teorico. Ma non bastava questo fallimento. Il Governatore è andato in Israele a ricevere una laurea honoris causa. In un discorso all’Università di Tel Aviv ha gettato le basi di quella che sarà la narrativa ufficiale nei prossimi mesi per preparare e giustificare la graduale riduzione dello stimolo monetario nell’eurozona. La ripresa economica in corso e la vittoria elettorale di Emmanuel Macron – non citata ma chiaramente indicata – sono i due poli tra i quali si è mosso. «La crisi è dietro di noi – ha affermato – la ripresa nell’area euro è resiliente ed è sempre più ampia nei Paesi e nei settori». Ha spiegato che la domanda interna, supportata dalla politica monetaria, è il tassello fondamentale della ripresa in atto. Inoltre, anche le prospettive economiche globali stanno migliorando e i rischi al ribasso stanno moderandosi.



Io non sono un indovino, ma credo sinceramente che difficilmente un intervento poteva essere meno tempestivo. Infatti, non solo io ma anche numerosi altri commentatori pensano che ormai i mercati finanziari siano sopravvalutati e che una correzione, visto che dalla crisi non si è usciti, sia inevitabile, anche perché hanno già messo in preventivo proprio la stretta sulla liquidità che la Bce avrebbe prima o poi attuato, dopo un periodo troppo lungo di tassi eccessivamente bassi.

Infatti, non dobbiamo dimenticare che la crisi odierna è causata da una guerra di classe, il termine non sembri esagerato, perché è lo stesso usato dallo speculatore americano Warren Buffet, il quale, rispondendo in un’intervista, disse proprio che c’è una guerra di classe in corso “ed è la mia classe, la classe dei ricchi, che l’ha iniziata; e la sta vincendo”. Questo affermava Buffett nel 2006. Ma da allora le cose non sono cambiate, anzi la guerra è in pieno svolgimento, con caduti da ambo le parti: alcune banche fallite da un lato e milioni di disoccupati dall’altro.

E in questo gioco al massacro, la Bce ha sostenuto la finanza, non certo i disoccupati.