«Mentre cresce il tasso di interesse stabilito dalla Fed e si è ormai capito che il Qe della Bce non potrà durare a lungo, invece che un’America in espansione non solo l’avremmo in contrazione, ma ci ritroveremmo in un caos di politica estera internazionale». Così l’economista ed ex ministro Francesco Forte ci aiuta a capire quelle che possono essere, anche a livello economico, le conseguenze delle indagini su Donald Trump che potrebbero portare anche all’impeachment.



Professore, partiamo dalle implicazioni economiche di quanto sta avvenendo oltreoceano.

Dipende tutto dai repubblicani, che potrebbero valutare che sia meglio tenersi uno che non è proprio il loro uomo più gradito, ma che li ha in ogni caso portati in vantaggio. Se la maggioranza terrà, le conseguenze saranno minime, mentre se invece scricchiolasse si avvertirebbero, eccome. Se addirittura ci fosse una spaccatura sarebbe un disastro. La questione, quindi, è politica, non ha nulla di giuridico.



È la possibilità che non si realizzi il programma economico di Trump a creare i rischi maggiori?

Non tanto la sua politica fiscale, quanto gli investimenti infrastrutturali che possono rivitalizzare l’economia industriale. E non serve arrivare all’impeachment, perché già lo stallo, la confusione, l’incertezza rappresenta un serio problema da questo punto di vista. Se ci fosse l’impeachment davvero ci sarebbe un crollo dell’economia mondiale. Anche per via delle conseguenze internazionali.

Cioè sui rapporti tra Stati Uniti e resto del mondo?

Già avere un Trump azzoppato vuol dire non poter far bene la guerra, che si sta vincendo, in Medio Oriente. Si indebolirebbero poi i rapporti con l’Europa, specie in tutti quei settori dove le collaborazioni sono aperte, come l’immigrazione, la sicurezza internazionale…



Ma se Trump non ci fosse, i rapporti tra Usa e Germania, Paese leader dell’Europa, non sarebbero migliori?

Il problema non è se non ci fosse Trump, il problema è l’intermezzo. Non tanto il futuro senza l’attuale Presidente, ma la situazione intermedia di incertezza rappresenta il problema.

Se questa è la situazione e ci sono questi rischi, non pensa che in Europa la si stia prendendo sotto gamba?

A mio parere in Europa, su molti media, c’è una sottovalutazione, si sta scherzando col fuoco, un po’ come quando tutti erano felici di abbattere Gheddafi. Le sinistre europee e americane sono convinte di avere un diritto sacro al potere, per cui uccidere politicamente il nemico è necessario perché loro non devono perdere mai. Trump avrà i suoi difetti, ma ha contrappesi garantiti sia dal funzionamento della Repubblica presidenziale americana che dal suo partito. In ogni caso è il Presidente del principale Paese del mondo, in un periodo di alto rischio internazionale e di faticosa ripresa da un disastro finanziario.

Ed è questo contesto a rappresentare la forte differenza rispetto ai casi passati di accuse al Presidente, come quello di Bill Clinton?

Si capisce. Non è che stiamo navigando nelle acque più tranquille. Mi sembra che ci si voglia imbarcare su un Titanic senza nemmeno accorgersene.

Secondo lei cosa accadrà adesso, si arriverà all’impeachment?

Non penso. Credo che si arriverà al processo o ai primordi del processo, perdendo molto tempo e azzoppando Trump per un po’. Come dicevo prima, la questione è politica e forse le mosse iniziali ci potranno aiutare a capire il punto chiave: il Parlamento americano vuole o non vuole Trump? Può darsi anche che riusciremo a scoprirlo entro un mese.

(Lorenzo Torrisi)