Si dice che Frau Merkel, il 7 e l’8 luglio prossimi, al G20 di Amburgo – quindi giocando in casa – lancerà la proposta concreta di istituire da subito un ministero dell’Economia europeo, con poteri non solo di indirizzo, ma di cogestione sulla politica economica degli Stati membri. Si dice che Pier Carlo Padoan sia molto considerato dalla Cancelliera, sia ben posizionato per ascendere al soglio del nuovo dicastero, e possa rappresentare per la regista tedesca la giusta mediazione tra una apparentemente nomina “latina” che sia però completamente condita in salsa prussiana.
Forse non sono tutte informazioni-oro colato, ma non sono neanche “fake news”. L’anatema della Merkel contro Trump – “noi europei dobbiamo imparare a far da soli” – e la scodinzolante adesione di Macron, che ha appena preso nei denti il “no” dello stesso Trump all’accordo sul clima, sono due fattori chiarissimi: sta nascendo a tappe forzate un’Europa germanocentrica, con il supporto esterno di Parigi, che imporrà la sua legge agli Stati membri. Primo fra tutti a noi, all’Italia, troppo grande per essere tenuta fuori dalla prima cerchia dei Paesi comunitari, ma troppo inaffidabile per essere lasciata far da sé.
E dunque? Dunque attorno all’insostenibile autonomia della politica economica dell’Italia dalla Troika si sta giocando una partita a scacchi di grande complessità, quasi certamente priva di esiti positivi possibili per noi. Occorre una lezione memorabile, all’Italia – pensano i nuovi “reggitori” europei. Una sanzione per tanti decenni di conti pubblici fuori posto. Il punto di attacco, la zona scoperta, sono le banche venete: si neghi l’ok alla ricapitalizzazione prudenziale, la crisi di liquidità imporrà la “risoluzione”, cioè il fallimento, di almeno una delle due banche venete, il fondo di garanzia dei depositi dovrà intervenire rimborsare quelli entro i centomila euro e ciò impegnerà anche le banche sane già esauste per i soldi buttati via in Atlante, e comunque alla fine dovrà intervenire lo Stato, ma strisciando in ginocchio a Bruxelles per chiedere un altro ok, intanto che la finanziaria per il 2018 dovrà subire un memorabile inasprimento fiscale, con le aliquote Iva che balzano al 12% dal 10% e al 25% dal 23%. Un disastro, l’ennesima gelata per la nostra economia.
Un quadro del genere risulta accreditato anche dal nuovo atteggiamento della Francia, dove il filotedesco Macron ha già fatto vedere di che pasta è bloccando la vendita dei cantieri Saint Lazaire alla Fincantieri, azienda statale, pur avendola il suo predecessore Hollande già deliberata. E Macron è l’alter ego della Merkel.
Che peso dare però alla lettera con cui ieri Padoan ha scritto ai commissari europei chiedendo uno “sconto” di 9 miliardi alla manovra finanziaria per il 2018 che si profilava? Una bella mossa d’immagine, e nient’altro. Gli stessi interlocutori che, bloccando la spesa dei 20 miliardi stanziati in dicembre proprio da Padoan per Mps e banche venete le sta facendo morire dissanguate da una lenta emorragia di depositanti e clienti, sarebbero pronti ad accettare una richiesta così ambiziosa? Inverosimile. Più che altro lo si direbbe fumo negli occhi… La probabilità prevalente è che al contrario la Commissione continuerà a chiedere l’adempimento degli impegni di bilancio e il ricorso alle clausole di salvaguardia. E la vera partita dovrà giocarsele il futuro, nuovo, presidente del consiglio italiano.