PIGNORAMENTO CONTO CORRENTE. Lo stupore e l’indignazione sono fin troppo facili e, di conseguenza inutili, lasciano il tempo che trovano. L’Agenzia delle Entrate, con primaria funzione di Riscossione (la maiuscola è d’obbligo), dal 1° luglio, andrà a raccattarsi i soldi dei debitori direttamente dal conto corrente: scende giù tutto per li rami. Nel dettaglio: c’è un decreto legge del 22 ottobre 2016, n. 193 (successivamente convertito, ovviamente, nella Legge 225/2016) recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”. Con questo strumento legislativo, lo Stato entra nel tuo conto e, senza colpo ferire, incassa, sulla base del computo del tuo debito. L’Agenzia delle Entrate ha a sua disposizione l’accesso alla banca dati dell’anagrafe tributaria.
Disintermediazione, come nell’ambito del lavoro, dunque: lo Stato incassa subito direttamente. Si accelerano i tempi della riscossione, notifica della raccomandata di rito e via con le mani dentro la cassa dei contribuenti. Non c’è più nessuna citazione in giudizio e dunque nessuna tutela davanti al giudice, devi pagare subito e zitto. Per evitare malintesi, ribellioni, esposti vari, io intanto li prendo, poi te la vedi tu, dopo. Ma, come si sa, una volta che i soldi sono usciti fuori dal conto, vale ciò che dice l’adagio per i buoi usciti fuori dalla stalla, amen, non li rivedi più. Se c’è l’atto del pignoramento, lo Stato se la vede con la banca, il diretto interessato è pregato di cavare fuori gli sghei e possibilmente star zitto. Questo lo stato dell’arte.
Osserviamo, con freddezza analitica, i processi già consolidati:
1) Annuncio clamoroso: addio a Equitalia. Ma non addio alla cassa bella succosa dei debiti degli italiani. Perché? Ma è ovvio: uno Stato indebitato, costosissimo, nullo sul piano dell’efficienza e risibile su tutto il resto, cosa può fare? Succhiare soldi da ogni parte, per rimanere in piedi. Ogni classe dirigente vive per auto sostenersi, come la scuola di Mosca, Michels e Pareto ha largamente documentato, dunque niente di nuovo sotto il sole. Finita la politica, rimangono i mandarini delle casse. Quindi, il provvedimento è il più consequenziale che vi sia, dimostra una ferrea logica dispotica. Dispotica nel senso letterale: afferente a un potere che “disponga” di tutto ciò che di umano, monetario e finanziario sussista sul suo territorio. Fare cassa, tutto qua. Lo Stato non ha più niente e non è più niente, oggi, è soltanto la dimostrazione che il nichilismo ha sempre un’ulteriore sponda da raggiungere.
2) Thomas Hobbes docet: dammi la tua libertà e io ti darò in cambio la sicurezza che, nello stato di natura, tu non potrai mai raggiungere, da solo, con le tue forze. Ma, una volta ceduto anche questo risicato patto, per le ragioni di cui sopra, lo Stato se ne infischia della sua legittimazione e punta a dominare, al di là di ogni consenso e onor patrio. Quindi, i cittadini non sono più compatrioti. Se non ci sono più compatrioti, ci sono solo contribuenti e se i contribuenti vogliano appellarsi, come già nella Roma Repubblicana, al diritto, che tutela anche chi ha debiti, nada, becchiamo tutto subito e senza passare per i tribunali. Anche qui: dov’è lo scandalo? Chi ancora crede di vivere in una democrazia perché gli dicono che forse voterà ancora, magari il 24 settembre, beh è costui da soccorrere, perché il principio di realtà non abita più a casa sua. Noi viviamo da tempo in una dittatura postmoderna che governa questo “interregno” tra ciò che c’era e ciò che ancora non c’è attraverso le procedure di cui sopra.
3) Cosa accadrà, a questo punto? Semplice: l’Italia sarà sempre più un Paese di sommersi e salvati. I sommersi saranno quelli che si vedranno sottrarre risorse dalle casse senza neanche poter dire… “ma…”. I salvati sono tutti coloro che, attaccati al leviatano, continueranno ad andare avanti, mentre l’Italia che ha rischiato ha la testa sott’acqua. Questo è l’ex Bel Paese attuale. L’Italia è finita, come Paese, Patria e Comunità, signori e signore. Semplice. E ne vedremo ancora delle belle, credetemi, non siamo ancora arrivati al fondo del fondo.