Le vicende politiche degli ultimi giorni della settimana scorsa dovrebbero far evitare che si dimentichi o che passi in second’ordine una vicenda apparsa nelle prime pagine dei giornali e successivamente scomparsa. In breve, Emma Bonino, che ha avuto incarichi di rango sia presso la Commissione europea, sia nel Governo della Repubblica (nel ruolo di uno dei migliori ministri degli Affari esteri degli ultimi lustri), ha rivelato che sarebbe stata l’Italia a chiedere che le navi e i barconi provenienti dalla Libia avessero approdo nei porti italiani, piuttosto che in quelli di Francia, Spagna o Malta. Ciò sarebbe stato non un atto di carità cristiana o di buona creanza laica, ma parte di quello che i diplomatici, per sfoggiare la loro conoscenza della lingua inglese, chiamano un package deal, ossia un accordo complessivo di scambio politico. Emma Bonino ha anche precisato che l’accordo, o quanto meno la richiesta italiana, è stata fatta nel 2014-2016, ai tempi, quindi, del Governo Renzi. Ora, tornare indietro è molto complicato.
Di che si tratta? Non è difficile immaginarlo. L’idea dello scambio politico ha sempre fatto parte del DNA della sinistra democristiana, l’ambiente politico culturale da cui Matteo Renzi proviene. È uno strumento che può essere molto utile. In materia di relazioni industriali, lo furono gli accordi di San Valentino e di San Tommaso che ebbero un ruolo importante, negli anni Ottanta, per giungere alla riduzione del tasso d’inflazione senza mortificare quello di crescita, nonché a rilanciare la concertazione tra Governo e parti sociali. Furono scambi politici, di cui tutti gli interessati sapevano tutto, tanto che nel 1985 su uno di essi si tenne anche un referendum, la forma più aperta di democrazia diretta.
Lo scambio politico a cui ha fatto riferimento Emma Bonino sembra, però, non faccia riferimento a nulla del genere. Sembra assomigli a un atto diplomazia segreta, quale si usava prima della Grande Guerra di cento anni fa e per sconfiggere la quale, e le disfunzioni che provocava, Woodrow Wilson creò la Società delle Nazioni.
Le frasi della Bonino hanno creato un pandemonio che ci si augura non sia di breve durata, perché uno scambio politico segreto ci riporterebbe ai tempi della Cordiale Entente o della Petite Entente, se non peggio. Se è quanto si spiffera nei corridoi della Farnesina – oggi nessuno più teme un Renzi che sta passando da una sconfitta a un’altra – e la Rue de Loi (dove all’angolo con Rue Charlemagne, alloggia parte della burocrazia comunitaria), l’Italia avrebbe offerto i propri porti e le prime cure agli immigrati (utilizzando cooperative “sociali” anche di ex detenuti ben connessi con certe associazioni “culturali” del Mezzogiorno) in cambio di flessibilità in materia di politica di bilancio per elargire, prima del referendum, mance elettorali a questo e a quello. La mance non hanno funzionato, la flessibilità neppure. Oggi è difficile riproporre un altro scambio perché non si fanno patti con perdenti seriali.
Tuttavia, resta un nodo giuridico, oltre che politico, di non poco conto. Se lo scambio è stato un accordo Ue-Italia si sarebbe dovuto portarlo in Parlamento per la ratifica. Se si tratta di uno scambio di note diplomatiche si sarebbe dovuto almeno comunicarlo in Gazzetta Ufficiale e discuterlo. Se i furbetti di Pontassieve, nonché della Farnesina e di Rue de la Loi, non lo hanno fatto (come pare), hanno rischiato grosso. Con il diritto non è dato da giocare, neanche ai capi dei boy scouts.