“Può non essere zuppa, purché sia pan bagnato”: è questo il senso profondo della lettera al governo italiano con cui la Commissione europea avrebbe avallato maggior flessibilità nei conti pubblici di casa nostra per il 2018. E precisamente: la Commissione Ue “avalla un aggiustamento di bilancio anche inferiore a quanto prescritto dalla matrice della flessibilità, purché coerente con l’esigenza di ridurre il rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo”. Tradotto: il rapporto debito pubblico/Pil deve scendere; se scende, allora il deficit deve ridursi comunque, ma può anche ridursi un po’ meno del previsto.
Vogliamo chiamarla “concessione”? Ma sì, fantasia per fantasia chiamiamola pure My Fair Lady o Genoveffa. La sostanza è che Bruxelles subordina l’ok al fatto che il deficit pubblico italiano rimanga sopra il 2% (per un 0,3% circa) alla circostanza che il rapporto tra il debito pubblico e il Pil si riduca, il che può avvenire solo o in presenza di una crescita del Pil imprevedibilmente robusta o in presenza di un calo del fabbisogno, grazie a un’emissione di nuovo debito inferiore al previsto, che a sua volta si potrebbe però ottenere solo alla condizione di aver un grande aumento del gettito fiscale (che potrebbe essere figlio del maggior Pil, ma in proporzioni modestissime) o grazie a un drastico taglio della spesa pubblica. Tutte congetture dell’improbabilità.
Infatti, a ben leggere le dichiarazioni di Moscovici, il commissario per gli Affari economici, l’apertura europea strombazzata dal governo va a farsi benedire: “Useremo i nostri margini di manovra”, ha scritto il francese, “per evitare di danneggiare la crescita, ma ci sono anche deviazioni non autorizzate che non sono permesse dalle regole”. E ancora: “Abbiamo cercato di tracciare un cammino costruttivo tra i margini possibili nelle regole e le deviazioni non autorizzate. Bisogna rispettare le regole. Le regole valgono per i deficit nominali come quelli strutturali. Ma non vogliamo incitare politiche ostili alla crescita”.
Dunque nessuna vera apertura. Peraltro, era presto per noi chiederla, sarebbe assurdamente presto per l’Europa concederla. Si vedrà in ottobre, sulla base del documento che il governo Gentiloni dovrà elaborare per la programmazione economica.