Dio benedica la Francia! Questa, almeno, pare la lettura che i principali quotidiani danno della visita ufficiale di Donald Trump a Parigi per la ricorrenza della presa della Bastiglia che oggi lo vedrà sfilare sugli Champs Elysées insieme al presidente, Emmanuel Macron. La ragione è semplice: un evento internazionale surclassa sempre, per impatto mediatico, la politica interna e questa missione cade a fagiolo per gettare un po’ di cortina fumogena attorno all’ultimo scandalo legato al Russiagate. Di più, oltre alla relazione pericolosa tra il figlio Donald Jr. e la misteriosa avvocatessa del Cremlino, ora c’è anche l’avvio della procedura di impeachment da parte dei Democratici per intralcio alla giustizia. Balle. Enormi, sesquipedali balle.
Quello dei Democratici è infatti un primo atto formale che non conta assolutamente nulla, sta all’impeachment come una richiesta di documenti a una sentenza all’ergastolo. Il Russiagate, poi, temo andrà in cantina per qualche giorno, pena diventare non solo un vantaggio per il dollaro debole, come vi spiegavo ieri, ma anche per lo stesso Trump, visto che nel silenzio dei nostri media, è emerso qualcosa di poco gradevole in casa Democratica. Sapete infatti chi fu a garantire un visto d’ingresso speciale per Natalia Veselnitskaya, l’avvocato che avrebbe promesso prove compromettenti contro la Clinton al figlio di Trump? L’Attorney General dell’epoca in persona, Loretta Lynch, in una procedura legata a “circostanze straordinarie”, dopo che in un primo momento il documento di ingresso negli Usa le era stato negato. Insomma, fu il Department of Justice di Barack Obama in persona a spalancare le porte degli Stati Uniti alla spia del Cremlino. Già così, abbastanza imbarazzante. Ma c’è di peggio. Qual era, infatti, la circostanza straordinaria? La Veselnitskaya doveva rappresentare un’azienda di proprietà dell’imprenditore russo, Denis Katsyv, in una causa intentata di fronte alla Corte di New York City per frode fiscale. Direi un qualcosa di decisamente procedurale, più che straordinario, anche perché – al netto del miglior funzionamento della giustizia Usa rispetto alla nostra – dubito che un’udienza venga stabilita da un giorno con l’altro, senza un minimo di preavviso.
Era il giugno 2016 e proprio in occasione di quel soggiorno in Usa l’avvocato avrebbe incontrato Donald Trump Jr., suo cognato e marito di Ivanka, Jared Kushner e il capo della campagna elettorale repubblicana, Paul Manafort, alla Trump Tower, per l’accusa al fine di parlare dei documenti contro la Clinton. E qui casca l’asino: non solo Trump Jr. ha definito quanto presentato dalla Natalia Veselnitskaya un “non-sense”, ma ci sono le prove che, proprio a causa dell’assurdità dell’incontro, Jared Kushner abbia lasciato la stanza dopo appena 5 minuti. Ma cosa aveva portato di così strano la bella spia che veniva dal freddo ai vertici più vicini a Trump? La vera ragione del suo viaggio in America, ovvero presenziare a un’audizione sulla Russia che si teneva al Foreign Affairs Committee della Camera dei Rappresentanti e aiutare alcuni attivisti filo-russi nell’allestimento di un evento al Newseum di Washington DC, durante il quale sarebbe stato proiettato un film dedicato al cosiddetto Magniysky Act, una legge relativa ai diritti umani, avversata da Vladimir Putin. Insomma, Natalia Veselnitskaya era in realtà negli Usa grazie a un visto speciale garantito dal ministero della Giustizia e per fare lobbying contro Putin! Tanto che, quando ha presentato il materiale nell’incontro alla Trump Tower, ha fatto alzare Kushner dopo 5 minuti e fatto dire a Trump che si trattava di “non-sense”, visto che Hillary Clinton non era nemmeno nominata.
E sarebbe da queste accuse da barzelletta che Trump avrebbe deciso di fuggire, raggiungendo Macron a Parigi per una visita fissata da settimane? Balle, ve l’ho detto. Ma non commettete l’errore di sottovalutare la visita in Francia del presidente Usa. Per due motivi principali. Ieri Emmanuel Macron ha lungamente parlato con Angela Merkel in un vertice bilaterale informale, annunciato senza troppo garbo in conferenza stampa mercoledì a Trieste, dopo il meeting con la stessa Merkel e Paolo Gentiloni sul tema migranti, a latere di un convegno sui Balcani. Pensate che abbiano parlato di come rimodulare Triton e aiutare l’Italia? No, Macron ha tentato di riportare la Merkel su più miti consigli, dopo il tentativo di isolare Trump al G20 di Amburgo, addirittura flirtando con Vladimir Putin sul tema dei cambiamenti climatici. Ci sarà riuscito? Le prossime mosse di Frau Angela ce lo diranno.
Secondo, Trump viene in Europa a trovare la sua quinta colonna, l’uomo predestinato a diventare il pontiere fra le due sponde dell’Atlantico e a muovere le pedine europee. Non è un caso che, quando Trump era atterrato da poco a Parigi, l’edizione on-line del Wall Street Journal sparasse la notizia che alla conferenza della Fed di Jackson Hole a fine agosto, Mario Draghi non solo terrà un discorso celebrativo della rinnovata ripresa europea e dell’ormai terminata necessità di politiche di stimolo, ma, di fatto, anticiperà la mossa del board della Bce di due settimane dopo: l’annuncio del tapering del Qe. Accidenti, un bell’uno due, dopo che mercoledì Janet Yellen aveva non solo confermato il programma di rialzo dei tassi da parte della Fed, ma anche messo in ulteriore discussione la politica economica di Trump, tracciando un solo molto netto tra la Banca centrale e la Casa Bianca.
Reazione dei mercati? Placida. Ma come, non si crolla per la fine del mondo dei tassi a zero e del denaro a pioggia? No, perché propedeutica a una nuova stagione ancora più munifica, perché nel suo report di mercoledì – stranamente – Deutsche Bank sentiva il bisogno di confermare la sua previsione: quando la realtà verrà a bussare alla porta, scatterà l’helicopter money, il bazooka totale della liquidità. Qualcuno ha bisogno di accelerare il processo e ho la netta sensazione che, durante o subito dopo la visita di Trump a Macron, succederà qualcosa di molto serio in Siria, talmente serio da far reclamare reazioni straordinarie. D’altronde, alla faccia dei sorrisi di Amburgo, negli ultimi due giorni fra Washington e Mosca sono volate coltellate. Il Cremlino ha annunciato l’espulsione di 30 funzionari Usa come ritorsione verso la caccia alle streghe contro il personale russo in America, mentre Trump non solo ha messo al bando la russa Kaspersky, produttrice di antivirus, dagli appalti per le agenzie federali, ma, soprattuto, ha autorizzato la vendita di sistemi missilistici Patriot alla Romania per 3,9 miliardi di dollari, atto che ha portato Vladimir Putin a dichiarare che «stiamo ripetendo come un mantra che atti simili ci costringeranno a reagire, ma nessuno vuole ascoltarci». Alla faccia del disgelo di Amburgo.
Ricordate, poi, come proprio Putin fu il primo grande leader ad andare in visita dal neo-eletto Macron, il quale durante la conferenza stampa a Versailles, ci tenne a mostrare subito i muscoli, dichiarando che se in Siria si fossero ancora superate le linee rosse relative all’uso d armi chimiche, la Francia avrebbe reagito. Caso strano, martedì nel corso di una cena organizzata dalla Intelligence National Security Alliance, il capo della Cia, Mike Pompeo, ha dichiarato che «l’Intelligence americana ha prove certe che l’attacco chimico del 4 aprile scorso a Khan Sheioun, sia stato lanciato dal regime di Assad». Infine, ieri il guru degli investitori, Dennis Gartman, ha chiuso tutte le sue posizioni ribassiste sul petrolio, ponendosi «ai margini del mercato, in attesa». Di cosa? Potremmo scoprirlo già nel corso di questo fine settimana. Certamente, in questo lasso di tempo si creeranno le condizioni per un evento catalizzatore.
Altro che Russiagate e disgelo, attenti a cosa potrebbe regalarci il nuovo asse Usa-Francia. Ma tanto noi siamo tranquilli, hanno indagato il titolare della “spiaggia fascista” di Chioggia. Il Paese ora è salvo e sicuro.