Sapete cosa unisce l’ottimismo di Padoan sul futuro prossimo dell’economia italiana all’emergenza migranti di queste ultime settimane? Duecentomila ragioni. Già, 200mila. Proprio come il numero di visti temporanei per l’Ue che il governo italiano sarebbe pronto a concedere a migranti sbarcati sulle coste del nostro Paese e diretti verso il nord Europa. Lo rivelava il Times, parlando di “opzione nucleare” di Roma per risolvere la crisi dei rifugiati di fronte al rifiuto di cooperare degli altri Stati Ue. Il quotidiano citava il vice ministro degli Esteri, Mario Giro, e il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione per i diritti umani, i quali hanno confermato che l’ipotesi dei visti temporanei è «in discussione». L’Italia, stando al quotidiano britannico, potrebbe sfruttare una direttiva di Bruxelles, la 2001/500, scritta dopo la guerra nei Balcani per favorire il movimento dei profughi: di fatto, una norma poco conosciuta che permette di concedere ai migranti un visto per spostarsi in Europa.
Il Times, inoltre, descriveva il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, come “furioso” per il rifiuto dei partner europei di accogliere altri migranti, soprattutto alla luce degli oltre 7mila sbarchi di questo fine settimana e delle proteste che cominciano a divampare, da Nord a Sud, nei centri chiamati a ospitare gli immigrati. Ma non basta. Sempre questo fine settimana, infatti, è stato reso pubblico il Rapporto 2017 del Dipartimento di Stato Usa relativo agli sforzi nel contrasto alla tratta di esseri mani e, nonostante l’Italia sia collocata nella categoria 1, la migliore, non manca una sequenza di critiche. Di cui, una, strutturale: «L’azione del governo italiano per prevenire la tratta di esseri umani è costante, ma di portata limitata».
Sulla base della legge contro la tratta (la 228 del 2000, che identifica la tratta di esseri umani in una moderna riduzione in schiavitù), scrivono che la magistratura nel 2016 ha indagato su 102 casi contro i 65 del 2015 e i 44 del 2014. Nessuna persona, però, è stata incriminata nel 2016, contro le 17 del 2015 e le 16 del 2014. All’Italia, inoltre, il Rapporto chiede anche di «consentire ai richiedenti asilo di ottenere un impiego legale in attesa che la loro domanda venga esaminata», di aumentare i fondi a disposizione delle Ong che si occupano delle vittime, di semplificare le richieste di indennizzo per le vittime, «per incoraggiarle a denunciare i reati». ? il brutto di essere una colonia: ci toccano pagella e ramanzina da parte di chi sta a qualche migliaio di chilometri e non è minimamente interessato dal flusso migratorio nel Mediterraneo. Oddio, non è interessato direttamente dal traffico, ma dal ricasco politico dello stesso, magari sì.
Pensateci un attimo: sono almeno tre anni che l’Italia è soggetta a un’attività migratoria molto sostenuta, ancorché con dinamiche diverse. La pietra angolare del triennio, però, è stata la chiusura della rotta balcanica, quella che infastidiva la Merkel, la quale dopo la politica di porte aperte nata dall’ondata emotiva per la foto del bambino morto sulla battigia turca, cominciava a pagare il ricasco a livello di politica interna con un serio calo del sostegno personale. Da allora e come ci mostra questa infografica, l’Italia è diventata di fatto l’unica meta degli sbarchi. Eppure, non si è assistito a nessuna levata di scudi simile a quella di questi giorni, quando fu deciso di ricoprire d’oro Erdogan, purché bloccasse i flussi.
C’è stata poi la seconda crisi, quella legata alle accuse mosse da alcune Procure contro l’operato delle ONG, le quali – dati radar alla mano – sempre più spesso andavano a raccogliere i migranti a poche miglia nautiche dalle spiagge libiche. Anche in quel caso, la reazione governativa fu pressoché unanime e di difesa delle varie organizzazioni che operano nel Mediterraneo, arrivando anche a scontri molto duri con l’opposizione, tacciata di atteggiamenti da sciacallo. Poi, qualcosa è cambiato di colpo. Due fine settimana fa, 12mila persone sono sbarcate nei porti italiani: un numero enorme, d’impatto, ma, in termini assoluti, capace di portare il numero di immigrati giunti nel nostro Paese da inizio anni a un +10% rispetto al 2016. Eppure, in quel preciso istante, il governo ha cambiato linea e, con esso, i media più autorevoli, gli stessi che fino al giorno prima avevano negato in nuce l’esistenza stessa di un’emergenza, parlando di fenomeno epocale con cui dovremo imparare a fare i conti per un ventennio. Immediatamente, Roma ha alzato il livello dello scontro con Bruxelles.
Poi, nell’arco di due giorni, altrettante coincidenze. A 24 ore dagli sbarchi record, con la naturalezza e il candore di una bambina, una politica navigata come Emma Bonino, oltretutto ministro degli Esteri nel governo Letta, salta fuori dicendo quanto segue: è stato il nostro governo a volere tutti gli sbarchi in Italia in ossequio a Triton, di fatto uno scambio con l’Europa. Per cosa? Nonostante i governanti dell’epoca neghino, per un occhio chiuso sui nostri conti e per maggiore flessibilità. Apriti cielo, giustamente: il problema però è che una donna con l’esperienza di Emma Bonino non tira una bomba a frammentazione del genere nello stagno già agitato del governo per mero amore di verità, lo fa con calcolo. E timing, altrimenti quelle parole avrebbe potuto – e dovuto – dirle ai tempi della polemica sulla Ong.
Detto fatto, a stretto giro di posta, cominciano a uscire le prime anticipazioni del libro di Matteo Renzi, Avanti, legate proprio ai temi di Europa e migranti: nell’ordine, abbandono del Fiscal Compact e ritorno ai parametri di Maastricht per garantirci un quinquennio con rapporto deficit/Pil al 2,9% per liberare energie e investimenti e, poi, la rivoluzione copernicana di un segretario Pd che apre alla ricetta leghista dell’aiutiamoli a casa loro. Boom! Una vera deflagrazione, dentro il Pd, dentro la sinistra in generale e, soprattutto, dentro il governo. I due argomenti, da quel giorno, cominciano ad andare di pari passo e le polemiche continuano ad alzarsi di intensità, arrivando a un durissimo uno contro tutti di Matteo Renzi in campo di politica interna ed estera: l’intera Commissione e l’Eurogruppo sono contro la mossa irrituale dell’ex premier di scavalcare i legittimi interlocutori presenti nel governo in carica, mentre in Italia si abbozza tra i mugugni. Poi, parte il fuoco di fila: contro le parole dell’uomo di Rignano si muovono, con sempre maggiore durezza, prima Enrico Letta, poi Mario Monti e, infine, lo stesso Pier Carlo Padoan, l’uomo che – di fatto – Renzi ha “commissariato” con la sua proposta economica. Un caos.
Oggi, poi, un duplice risultato nato dalle polemiche degli ultimi giorno: l’addio, di fatto, alla legge sullo ius soli alla prossima legislatura e il passaggio meno traumatico del previsto – almeno a livello mediatico e di indignazione dell’opinione pubblica – del decreto per le banche venete. Infine, quasi senza una ragione apparente, l’illuminazione positivista di Pier Carlo Padoan sulla nostra prospettiva di crescita, benedetta anche dai dati di Bankitalia: l’Italia è fuori al tunnel. Ma come, i dati macro parlano di stagnazione (a parte l’export, il quale ora potrebbe però pagare il rafforzamento dell’euro sul dollaro), l’Istat certifica 4,7 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà, la disoccupazione non accenna a diminuire e noi, di colpo, dovremmo credere alla svolta? Perché? Per tutte le coincidenze che vi ho appena elencato. E altre.
Ad esempio, come mai questa operatività delle marine di altri Stati europei in queste ultime settimane? Tedeschi, inglesi e spagnoli hanno battuto il Mediterraneo come non mai, scaricando nei porti italiani migliaia di migranti, senza bisogno delle Ong. Le quali, però, godono dello schermo proprio dell’Europa, lestissima nel bocciare a prescindere la riforma che l’Italia intendeva presentare di fronte a Frontex riguardo l’operatività in mare. E poi, la minaccia dei visti, chi l’ha rilanciata? Un giornale italiano, forte di cronisti con rapporti consolidati con il Palazzo? No, il Times, principale quotidiano di un Paese che, come l’Italia, ha in atto un braccio di ferro con Bruxelles. E ancora, chi ha garantito un’onorevole via d’uscita al governo sul tema dello ius soli, ormai archiviato, perché pone a rischio la tenuta stessa dell’esecutivo, visti i numeri traballanti al Senato e il no di Alternativa Popolare a un’approvazione sprint tutta elettorale? Chi sta giocando una partita diretta su questo tema, in punta di equilibri nel Pd?
Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, l’uomo che vuole tentare la spallata (quanto determinato politicamente dall’uscita a orologeria del suo libro, è sotto gli occhi di tutti) e quello che intende resistere: e non parliamo soltanto di cinque mesi in più o in meno, visto che in primavera si voterà comunque, ma di chi guiderà il partito di maggioranza relativa, alla faccia del risultato delle primarie per la segreteria. Tutta colpa di quei 12mila sbarcati in un weekend, a vostro modo di vedere? Possibile che Gentiloni e Minniti abbiano di colpo, quasi dalla sera alla mattina, cambiato idea sulla natura del fenomeno migratorio in Italia per quel numero un po’ sopra il normale? Oppure quel numero, determinato dall’operatività anomala di marine militari e guardie costiere straniere, era una sorta di segnale in codice, quasi il livello di supporto di un indice azionario, rotto il quale occorre rimettere mano al portafoglio d’investimento?
Vi ricordate che in quel weekend di tregenda, una nave della Guardia Civil spagnola salvò una nave di migranti in proprie acque territoriali e poi, in tutta calma operativa, la portò in Italia, oltretutto imponendo il principio di sovranità del proprio scafo, impedendo alle nostre autorità di compiere i controlli pre-sbarco? E chi oppose il primo “no” alle regionalizzazione di Triton, prima ancora del fallimentare vertice di Tallinn? La Spagna, a detta della quale, i suoi porti erano già abbastanza sotto pressione: da parte di chi? ? solo e soltanto guerra politica, al netto di un’emergenza che è reale, ma tale da almeno due anni: c’è un’Europa che vuole Renzi e un’altra che lo vuole fuori gioco. E stanno scontrandosi proprio adesso. L’ottimismo irrituale e senza fondamento di Padoan sulla nostra economia, ci farebbe pensare a un prevalere della fazione anti-Renzi. Io sarei più cauto. Molto più cauto.