Facciamo i conti in tasca alla gente. L’Italia ha 307mila famiglie milionarie, pari all’1,2% del totale, che possiedono il 20,9% della ricchezza finanziaria nazionale (azioni, obbligazioni, depositi e strumenti di liquidità). Nel 2021 saranno 433mila, l’1,6% del totale e con uno stock pari al 23,9%. Già, eppur il solito refrain continua a dire: non si redistribuisce! Si redistribuisce invece, eccome, se aumenteranno da 307mila a 433mila le famiglie di gente ricca. Mica solo da noi. A livello globale il numero di famiglie milionarie è cresciuto in un anno del 7%, arrivando a quota circa 18 milioni. Si tratta dell’1% delle famiglie, che detengono il 45% della ricchezza.
Sono questi alcuni dei principali risultati della ricerca realizzata da Boston Consulting sulla ricchezza delle famiglie. Poi stimano che nei prossimi anni si assisterà a un’ulteriore distribuzione della ricchezza finanziaria. Tra le famiglie milionarie il 12% detiene patrimoni superiori al milione di dollari e nel 2021 la percentuale salirà al 16%. La maggiore crescita riguarderà le famiglie con una ricchezza tra 1 e 20 milioni di dollari (incremento del 6,1% medio l’anno), seguita dai super ricchi (patrimoni oltre i 100 milioni) con un tasso di aumento del 4,6% l’anno.
La ricchezza finanziaria privata continua a correre in tutto il mondo: a livello globale la corsa di Wall Street e degli altri principali mercati finanziari ha portato il valore totale di azioni, obbligazioni e depositi bancari alla cifra di 166.500 miliardi di dollari. Rispetto al 2015 si tratta di un incremento del 5,3%, superiore al +4,4% registrato l’anno precedente. Nel 2021 si dovrebbe toccare la quota di 223.100 miliardi di dollari, con una crescita media annua del 6%, derivante in parti uguali dalla creazione di nuova ricchezza e dalla valorizzazione degli asset esistenti. Lo scrive il report “Global Wealth 2017: Transforming the Client Experience” di The Boston Consulting Group (BCG), giunto alla 17esima edizione.
Le famiglie italiane milionarie in termini di azioni, obbligazioni, depositi sono quindi destinate a crescere ed è un fenomeno che si registra a tutte le latitudini. Bene, ricapitoliamo: la ricchezza aumenta; aumenteranno i ricchi, l’1% della gente, che ne avrà in tasca il 45%. I soliti ben informati stimano che, tra l’aumento del numero dei ricchi e la “teoria dello sgocciolamento” [], arriverà qualche spicciolo pure a quelli del 55%. Dunque se, come mostrano quelli della Federal Reserve Bank of St. Louis, dai primi anni ‘30 a oggi il potere d’acquisto subisce una costante riduzione, lo sgocciolamento non v’è stato. Vi sarà?
In attesa di risposte convincenti, mi preme rammentare che: ”La ricchezza si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, paga tutti”. Altro che sgocciolamento!
[1] La teoria del trickle-down , o della goccia (in italiano: “effetto sgocciolamento dall’alto verso il basso”), indica, negli Stati Uniti, un’idea di sviluppo economico che si basa sull’assunto secondo il quale i benefici economici dei ceti abbienti favoriscono necessariamente, e ipso facto, l’intera società, comprese la middle class e le fasce di popolazione marginali e disagiate.