In una “conversazione in musica” di Richard Strauss, già circa ottantenne, andata in scena, in prima mondiale, a Monaco il 28 ottobre 1942 (ossia quando già i bombardamenti delle città tedesche da parte degli alleati erano iniziati), uno dei protagonisti, l’anziano capocomico, afferma: «Gli attori devono sapere che quel che conta non è come “entrano in scena”, né “come recitano durante lo spettacolo”, ma “come escono dal palcoscenico quando sta per calare il sipario”». È una massima che ci auguriamo il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ricordi in questi giorni in cui si sta preparando la fine della legislatura. Tutti lo negano. Basta, però, passeggiare per il Transatlantico od origliare nelle stanze e nei corridoi del potere per sapere che le prossime elezioni politiche sono ormai programmate per marzo. In tal modo la campagna elettorale prima, e la formazione del nuovo Governo poi, non saranno in competizione/conflitto con la Santa Pasqua (primo aprile).



L’Esecutivo – ormai in fase di spappolamento – chiuderebbe i battenti ai primi di gennaio (attraccata in porto la Legge di bilancio) e resterebbe in carica per gli affari correnti. Numerosi dirigenti dei dicasteri più direttamente interessanti alla Legge di bilancio sono stati “invitati” a rivedere i piani ferie nella speranza di poter presentare il disegno di legge (ddl) con qualche giorno di anticipo. Al ministero dell’Economia e delle Finanze è iniziato l’esame delle tax expenditures (oltre 400 agevolazioni) al fine di facilitare la stesura del ddl. L’impegno di elezioni a marzo è anche mirato a rendere più morbida l’opposizione di quelle forze politiche che contano su un buon risultato elettorale. Il Segretario del Pd, Matteo Renzi, non può tirarsi indietro, nonostante i sondaggi non siano proprio a suo favore, perché sin dal 5 dicembre 2016 chiede elezioni subito.



Ovviamente, non è questa la sede per fare pronostici. Tuttavia, chiediamoci cosa vuole dire, dal punto di vista della politica economica, chiudere bene una legislatura iniziata male e continuata peggio. È iniziata con una sorpresa: il successo del Movimento 5 Stelle (subito accarezzato dai nostri partner abituati, gli Stati Uniti d’America), che ha rotto il bipolarismo all’italiana. Si è cercato di fare “una grande coalizione” e c’erano le premesse per un governo dell’economia ragionevole e forse anche efficace. Il libro di Matteo Renzi Avanti, titolo forse ispirato alla testata diretta da Benito Mussolini sino al 24 novembre 1914 (dati i toni interventisti), spiega come e perché il Governo allora guidato da Enrico Letta sia fatto cadere.



Il nuovo Governo spostò le priorità dalla politica economica alla riforma della seconda parte della Costituzione (senza curarsi della prima parte e senza riflettere che, ove approvata la riforma della seconda parte, il nuovo testo sarebbe incorso in gravi problemi di costituzionalità a ragione di conflitti con la prima). Il popolo sovrano ha riposto con una fortissima maggioranza votando contro le riforme proposte. Il Segretario del Pd ed il ministro delle Riforme avevano “minacciato” di ritirarsi a vita privata in caso di sconfitta al referendum. Sono ancora ai loro posti, oggetto di ironia all’interno e all’estero.

Persi tre anni di politica economica, diventati, dopo la Grecia, il fanalino di coda dell’eurozona, occorre chiedersi come tentare di chiudere bene una comedia iniziata male e proseguita peggio. Dati i tempi strettissimi, è essenziale concentrarsi, a mio parere, su pochi obiettivi:

A) la legge sulla concorrenza che, per quanto travisata durante l’iter parlamentare, è ormai a buon punto e fornisce comunque respiro a imprese e consumatori;

B) i provvedimenti sul mercato del lavoro e sull’occupazione giovanile, facendo decollare le due nuove agenzie create quali l’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) e l’Inapp (Istituto nazionale di analisi delle politiche pubbliche);

C) individuare investimenti immediatamente cantierabili tra quelli bloccati quando è stata chiusa la relativa “struttura di missione” al ministero delle Infrastrutture e farli partire.

D) costruire una Legge di bilancio sulle regole europee senza altri scambi politici tra attracchi nei nostri porti di tutte le navi “salva immigranti” e flessibilità, che comunque non otterremmo.

Questi quattro punti non rafforzerebbero l’economia, ma consentirebbero almeno al Governo Gentiloni di uscire decorosamente di scena.