Il tentativo di Fincantieri di ottenere la maggioranza della società francese Stx si è concluso con l’annuncio di statalizzazione da parte del governo francese con l’unico obiettivo di sbarrare la strada alla società italiana. Chi immagina reazioni italiane sta sbagliando clamorosamente, anche se sarebbe più che giusto e ci sarebbe l’imbarazzo della scelta su come colpire gli interessi francesi in Italia. Il numero di società controllate dai francesi in Italia è lunghissimo e il governo italiano ha sempre lasciato fare con sorprendente larghezza. Non mancano quindi né leve su cui fare pressioni, né, ovviamente, ragioni, perché quello che ha fatto il governo francese, stracciando un accordo già firmato, è un atto di protezionismo economico senza senso visti i precedenti italiani.
Negli stessi giorni in cui la Francia blocca l’Italia in un’operazione da qualche decina di milioni di euro, un gruppo francese dichiara il proprio controllo su Telecom Italia dando il ben servito all’ad italiano e mettendoci un direttore generale gradito. La strategicità di Telecom Italia è oltre qualsiasi discussione sia come primo operatore nazionale in grado di spostare la massa di investimenti sulla rete, sia come possessore della rete nazionale con tutte le palesi implicazioni geopolitiche. L’Italia e il suo governo sono oltre il ridicolo quando protestano per Stx e fanno scena muta sulle contemporanee, e discutibilissime, operazioni su Telecom Italia. Queste operazioni sono tutto tranne che la “best practice” del mercato. Non si capisce perché l’Italia voglia parlare con il ministro francese a cose fatte.
Rimangono sul tavolo altre questioni che in Italia vengono raccontate con la “narrazione” della difesa europea. Fincantieri, di cui il Tesoro ha la maggioranza relativa, potrebbe finire fusa con la francese Dcns in un’operazione in cui si creerebbe un gruppo europeo a controllo congiunto. In pratica i francesi impediscono il controllo della piccola Stx e rispondono comprando tutta la baracca. I rumour di “fusione”, o meglio acquisizione, tra Airbus e Leonardo sono vecchi di un anno e ritornano a galla con costanza.
Quello che si dovrebbe sottolineare a questo punto è la distanza abissale tra quello che si dice sia e debba essere l’Europa e quello che è in realtà. Lasciare che gruppi europei e in particolare francesi abbiano libertà d’azione assoluta in Italia andrebbe benissimo se gli italiani potessero fare lo stesso in Francia e se l’Italia in Europa avesse lo stesso peso politico dei francesi. Questi due presupposti, che non vengono mai esplicitati, sono la base di partenza di ogni scelta sulla proprietà delle imprese strategiche. Questo meccanismo però non funziona per l’Italia, perché non c’è alcuna reciprocità e perché l’arbitro europeo si volta dall’altra parte quando l’Italia subisce un fallo da ultimo uomo in area di rigore in Francia. Con questi presupposti l’unica scelta di buon senso per l’Italia è quella di non giocare la partita a queste condizioni facendo esattamente quello che fa la Francia che invece ha capito benissimo che l’arbitro è venduto e la partita è truccata.
L’unica scelta sensata per l’Italia è quella di rifiutarsi di mettersi alla pari con la Francia impedendo che gruppi francesi prendano il controllo di aziende anche solo minimamente strategiche e custodendo gelosamente o il controllo pubblico o un controllo italiano. È esattamente quello che fanno da decenni sia la Francia che la Germania. È il loro comportamento che svela la natura dell’Europa: un luogo di concorrenti in cui non ci si deve fidare dell’altro partner. La Francia può fare quello che fa perché sa benissimo che “l’Europa” non interverrà mai per far rispettare le regole del libero commercio o, sempre nel suo caso, quelle del deficit. Se la Francia pensasse all’Europa come a un’istituzione in cui tutti rispettano le regole non avrebbe stracciato un accordo già firmato come quello di Fincantieri e Stx per paura della punizione o di una ritorsione italiana che però non può esserci perché la Francia può impedirla.
La vicenda Fincantieri-Stx certifica la condizione di subalternità dell’Italia in Europa e in particolare verso la Francia. La prova del nove è proprio la contemporanea presa di controllo su Telecom Italia contro tutte le migliori pratiche del mercato. I giornali italiani si sono già affrettati a seppellire la vicenda sotto un paio di metri di notizie di cronaca estiva e hanno ragione. Non c’è niente da discutere perché all’Italia in crisi e al suo governo debole tutto questo va benissimo mentre rimane viva la narrazione dell’Europa, “perché è meglio essere uniti e poi ci sarebbe la lira”. È la stessa narrazione che ha salutato Macron come il campione dell’Europa per poi ritrovarsi la realtà degli accordi contro l’Italia sulla Libia, del respingimento dei migranti a Ventimiglia e infine di una colonizzazione economica e politica dell’Italia.
Non c’è speranza di ripresa vera per l’Italia in questa Europa, ma tutti fanno finta di non vedere che il re è nudo. Per rispondere alla Francia su Fincantieri bisognerebbe ammettere che questa Europa per l’Italia è una fregatura, ma è difficile ammettere di essersi sbagliati se per anni si è detto che era la soluzione a ogni male e la si portava in casa stracciando la propria sovranità per mandare a casa l’avversario politico. Eravamo entrati in Europa pensando che tutti gli stati sarebbero stati uguali; oggi scopriamo l’aggiunta che alcuni stati sono più uguali degli altri. Siccome piegati dalla crisi economica e dall’immigrazione non abbiamo la forza di cambiarla, bisognerebbe prendere in considerazione l’opzione rimanente.