La frizione tra Italia e Francia riguarda temi generali e ciò complica la ricerca di convergenze su casi specifici, quali l’acquisizione da parte di Fincantieri dei cantieri navali Stx di Saint Nazaire e l’influenza sul petrolio libico. Per inquadrare lo scenario bisogna ricordare che nel 1963 la Francia gaullista propose alla Germania una diarchia per guidare la Comunità europea intesa come strumento moltiplicatore della forza nazionale, cedente dopo la perdita delle colonie. L’Italia fu esclusa dal direttorio comunitario anche perché aveva sostenuto riservatamente l’insorgenza algerina contro l’occupazione francese in cambio di concessioni petrolifere privilegiate dalla nuova Algeria indipendente, nel 1962.
Nell’accordo franco-tedesco ci fu una sorta di spartizione geopolitica: alla Francia il Mediterraneo e il primato negli affari militari, alla Germania l’Est. Inoltre, per trattato bilaterale, i due poteri concordarono consultazioni privilegiate continue. Dopo la riunificazione tedesca, Parigi temette che Berlino le togliesse il primato nella diarchia e nel 1993 inaugurò una strategia di riequilibrio: conquistare l’economia italiana per bilanciare lo strapotere industriale tedesco. Oggi Macron persegue tale obiettivo in continuità con i predecessori, punta a ripristinare l’influenza francese nel Mediterraneo, indebolita sotto la presidenza Hollande, e, soprattutto, vuole rendere l’industria militare francese il centro fornitore di una possibile Difesa europea.
Il fatto che Parigi non voglia la maggioranza di un’azienda italiana nei cantieri che, oltre a meganavi di crociera, hanno la capacità di costruire naviglio militare evoluto dipende dal suo disegno di guidare i futuri consorzi europei del settore, che in caso contrario finirebbero nelle mani capaci di Fincantieri, controllata dallo Stato italiano, i tedeschi lontani terzi. Nel caso libico la Francia deve dimostrare il comando, marginalizzando l’Italia, per poi avere forza di scambio per le penetrazioni commerciali in tutto il Mediterraneo, che avvengono per via politica e non di mercato. Inoltre, Parigi ha capacità di ricatto nei confronti di un’Italia debole in sede Ue perché chiede concessioni per fare deficit invece di rafforzarsi tagliando spesa e debito.
L’Italia è a rischio di grave danno nell’area mediterranea e nel settore dell’industria tecnologica, di cui quella militare è un traino, se non troverà un modo per arginare la pressione nazionalista francese, sperabilmente con le buone, ma anche mostrandosi pronta alle cattive.