Viviamo in un periodo in cui sembrano tramontate non solo le ideologie, e non se ne sente una grande mancanza, ma in cui appaiono anche fuori dal tempo gli schemi che hanno tradizionalmente accompagnato le analisi e quindi le politiche economiche. Parole importanti, come crescita, occupazione, Stato sociale, sembrano non poter più fare affidamento sul piedistallo su cui erano costruite.
Viviamo in un mondo in cui l’economia appare disarmata, incapace di offrire ricette nuove di fronte a problemi strutturalmente nuovi. A complicare le cose ci pensa la rivoluzione informatica che ha reso possibile quell’economia della conoscenza in cui il valore non è più automaticamente riconducibile al concetto di merce, in cui la qualità fa premio sulla quantità, in cui il lavoro è sempre meno ricollegabile ai concetti marxiani su cui si è fondato il tradizionale sindacalismo.
Per queste ragioni sarebbe importante valorizzare il pensiero di quanti hanno cercato nuove strade e insieme hanno saputo recuperare il pensiero di chi nel passato ha saputo, se non dare soluzioni che non possono essere mai definitive, almeno indicare con chiarezza la via da seguire. È il caso di Pier Luigi Porta, economista scomparso nel 2016, in onore del quale Stefano Zamagni e Michele Dorigatti hanno curato un libro di ricordi e testimonianze (“Economia è cooperazione” ed. Città nuova, pagg. 272, euro 22).
Porta è stato tra gli economisti italiani uno dei più coraggiosi interpreti della necessità di dare un’anima all’economia, di recuperare in ogni momento i valori di ogni persona, di approfondire la dimensione sociale come contesto indispensabile alle scelte politiche. “Pier Luigi – ricorda Zamagni – ha lasciato un magistero di libertà e di serietà scientifica, di rifiuti degli specialismi di scuola e di quei paradigmi teorici che credono di ridurre la complessità della realtà economica a eleganti formule. Il suo rapporto con i classici dell’economia, fatto di professionalità filologica e di passione filosofica, lo ha reso noto alla comunità scientifica internazionale per la sua capacità di non lasciarsi condizionare dalla diversità di posizioni teoriche e politiche”.
Il grande messaggio di Pier Luigi Porta è stato proprio quello di rivalutare i classici economisti italiani troppo spesso dimenticati (da Pietro Verri ad Antonio Genovesi, da Carlo Cattaneo a Cesare Beccaria), e insieme di saper dialogare con i contemporanei delle più importanti scuole di pensiero. I contributi di questo libro aiutano quindi a ripercorrere un cammino appassionato di chi, come Porta, ha cercato di coniugare i valori dell’economia civile, che trae origine proprio dagli scritti degli economisti italiani del Settecento, con le difficili compatibilità della realtà contemporanea.
La logica di fondo diventa allora quella di un’economia basata sulla cooperazione e non sulla competizione, sulla logica del dono e della solidarietà e non solo del profitto, sui valori relazionali e non solo su quelli materiali. Un’economia fatta di persone che vedono nel bene comune non solo la somma di tanti vantaggi personali, ma la possibilità di realizzare una prospettiva di accoglienza e sostegno gli uni degli altri.