Come si era ipotizzato negli ultimi giorni (e come ci aveva detto anche Francesco Daveri), la stima preliminare del Pil del secondo trimestre è stata particolarmente positiva, con una crescita congiunturale dello 0,4% e tendenziale dell’1,5%. L’Istat ha fatto anche sapere che la crescita acquisita per il 2017 è pari all’1,2%. Si sta quindi andando oltre le previsioni del Governo stilate ad aprile con il Def (+1,1%). Per Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, il dato positivo più importante è che “si tratta del terzo trimestre consecutivo con un rialzo dello 0,4%. Dal 2013 a oggi è la prima volta che si osserva una sequenza di crescita di Pil costantemente allo 0,4%”. 



Lei come si spiega questo andamento?

Sarebbe importante comprendere qual è la spinta sottostante. Indubbiamente, però, l’economia americana non sta andando come si prevedeva un anno fa e a beneficiarne è l’Europa, che in questo momento è in una posizione interessante. Da questo punto di vista dobbiamo però notare che la crescita dell’Eurozona nel secondo trimestre è stimata allo 0,6%. Quindi l’Italia va certamente bene, ma meno degli altri, è un po’ una “lumaca”, sicuramente a causa del disastro strutturale dell’austerità di tutti questi anni, ormai un decennio. Temo abbia un po’ ristretto la base produttiva del Paese. Dovremmo cogliere questa fase favorevole, finché dura.



In che modo?

Questo risultato positivo dovrebbe aiutare il Governo a varare un programma per il 2018 in linea con un sentiero di crescita, migliorando le condizioni e il tenore di vita dei cittadini, anche se marginalmente: sarebbe un segnale importante. Le condizioni economiche dovrebbero consentire di dare, all’interno dei documenti di programmazione economica, un respiro maggiore sui grandi problemi del Paese, il primo dei quali è la disoccupazione. 

In questo senso sappiamo quello che potrà essere l’impianto della Legge di bilancio. Cosa ne pensa?

Non ci sono dubbi che l’iper-ammortanmento spinga al rinnovamento degli impianti, all’efficienza, quindi ben venga. Quanto ai tagli alla spesa, cui non sono a priori contrario, credo sia più opportuno lavorare per rendere più efficiente la spesa. Si vuole poi andare avanti con lo strumento della decontribuzione, ritenuta evidentemente la miglior politica possibile per il lavoro. Mi domando se non esistano alternative migliori che vadano a favore del lavoro.



Non la convince l’ipotesi di un intervento per la decontribuzione sulle assunzioni dei giovani?

Bisogna avere una politica economica che sia più ad ampio spettro. Si guardano le imprese, ma occorrerebbe guardare anche il lavoro, le famiglie, specie quelle in difficoltà. Libero il Governo di scegliere le politiche migliori, ma certamente non sono i bisogni che mancano nel Paese. Non dimentichiamo che i dati sulla povertà (che arrivano fino al 2016) ci mostrano una situazione che non è certo brillante.

Ci rinfreschi la memoria….

Il numero di famiglie in povertà negli ultimi dieci anni è raddoppiato, il numero di persone in condizioni di povertà è più che raddoppiato, soprattutto sono cresciuti i giovani e i bambini in queste condizioni. Abbiamo certo bisogno di sostenere le imprese, ma sulla decontribuzione forse sarebbe opportuno riflettere un attimo. Del resto ora che non c’è la spinta dei prezzi energetici, l’inflazione ci dice realmente come va la domanda aggregata. E l’andamento dell’indice dei prezzi è tornato a scendere. Ci sono salari che non crescono e questo non aiuta certo.

Cosa bisognerebbe fare allora?

Adesso che abbiamo questa finestra di opportunità e abbiamo un’esperienza fallimentare di dieci anni di politiche di austerità, possiamo tentare di immaginare una politica economica diversa che affronti alcuni grandi temi emersi nel Paese, come la disuguaglianza, che rappresenterebbe un elemento di stabilità sociale, ma anche un potente strumento di crescita? Non voglio dare indicazioni, ma credo che questo potrebbe essere il momento per farlo.

(Lorenzo Torrisi)