Sono passati già dieci anni dall’inizio della crisi. Proprio in questi giorni si può datare con precisione l’inizio della crisi economica perché il 9 agosto 2007 una banca francese, la Bnp Paribas, aveva deciso di congelare tre fondi di investimenti, che nei giorni precedenti avevano subito perdite del 5%. A seguito di questa notizia, tutte le borse calarono pesantemente e questo fu l’inizio della recessione economica più grave dalla Grande Depressione del 1929. Una crisi che ancora oggi dura e non se ne vede l’uscita.
Ma come mai, da un evento così minuscolo, siamo arrivati a una catastrofe di dimensioni mondiali? Com’è potuto succedere? Il motivo è purtroppo molto semplice: la ragione del deprezzamento di quei tre fondi e del successivo congelamento sta nel fatto che in quei fondi, che dovevano trattare solo titoli di Stato e fornire a fine anno un modesto rendimento del 1-2%, erano stati inseriti anche dei mutui subprime, dal valore in quel momento non noto, ma comunque in discesa. Qualcuno penserà: d’accordo, un fatto spiacevole, ma limitato. Invece no, perché lo stesso avevano fatto praticamente tutte le più grandi banche del mondo, anche in modo massiccio. E quindi la crisi sul piccolo, in fondo, mondo dei mutui subprime (cioè mutui rischiosi perché concessi a clienti rischiosi) era la crisi dell’intero mondo finanziario, la crisi di un mondo privo di regole di buon senso, ma con una sola regola fondamentale sempre vigente, quella del profitto. E quella crisi era la crisi di un architrave del capitalismo, quello secondo il quale in un mondo di soggetti votati all’interesse personale, anche l’interesse comune ne trae beneficio. Insomma, entrò in crisi il dogma secondo il quale da una somma di egoismi scaturisce una capacità di altruismo.
Ma torniamo un pochino alla storia di dieci anni fa. Le borse di tutto il mondo iniziarono a calare pesantemente e questo mise in crisi i bilanci di diverse istituzioni finanziarie che avevano acquistato titoli in borsa e ora si trovavano in bilancio titoli pesantemente svalutati. Questa situazione mise in grave crisi anche i rapporti tra le banche, venendo a mancare la fiducia da esse: infatti tutte sapevano che tutte avevano fatto le stesse operazioni rischiose. Quindi, la seconda cosa gravissima di questa crisi è quella della fiducia denunciata da papa Francesco diversi anni dopo, “una fiducia irrazionale nei meccanismo sacralizzati della finanza”.
In concreto, la mancanza di fiducia portò alla paralisi del mercato interbancario, in particolare quello overnight, cioè quel mercato dove le banche si prestano a bassissimo costo denaro l’un l’altra anche per un tempo brevissimo (solo una notte) per far fronte alle necessità di cassa. Questa situazione portò al rapidissimo fallimento della banca inglese Nothern Rock, un istituto che all’epoca era il quarto istituto bancario del Paese. Quella banca non faceva mutui subprime, ma per la sua attività ordinaria faceva largo uso del prestito interbancario. Senza quello si trovò in difficoltà nella gestione ordinaria della propria clientela: i clienti iniziarono a fare la fila per ritirare il denaro e questo portò al collasso la banca in pochissimi giorni.
I mutui subprime sono stati e sono un problema tipicamente americano, ma tali prodotti rischiosi sono stati venduti e diffusi in tutte le maggiori banche del mondo. Ma non basta: tanti altri prodotti finanziari a rischio sono stati trattati allo stesso modo, cioè inseriti in altri prodotti finanziari, a loro volta inseriti in altri prodotti finanziari, in un gioco a cascata che ha reso impossibile stabilire il reale valore dei contenitori più grandi. La crisi di fiducia è tutta in questo passaggio: ogni banca ha smesso di fidarsi delle altre perché tutte avevano fatto lo stesso gioco sporco e nessuna poteva sapere il reale valore di certi prodotti finanziari.
Ovviamente la diffusione di tali prodotti rischiosi ha delle precise responsabilità, in capo a quegli esperti senza scrupoli che li hanno diffusi perché a loro permettevano remunerazioni lucrosissime sui capitali investiti e sulle promesse di eventuali profitti. In caso di profitto e finché ci sono stati ricavi, loro guadagnavano insieme ai clienti; in caso di perdite, esse erano tutte per i clienti.
Ma ora dopo dieci anni, rileggendo queste situazioni, come stiamo? Con un semplice giudizio si può dire: un totale fallimento. Intanto nessuno dei responsabili ha fatto un solo giorno di galera. Poi non è intervenuta nessuna legislazione a limitare in qualche modo le operazioni rischiose delle banche, che sono continuate e stanno continuando. Infine, la fiducia non è stata ripristinata, nonostante i massicci interventi monetari delle banche centrali e nonostante i proclami di Draghi (soprattutto quello del luglio 2012). Infatti, ancora oggi, dopo dieci anni, il mercato interbancario è completamente asciutto.
Questo spiega perché sulla materia della crisi ho usato sempre toni pessimistici. Non sono pessimista e non amo essere pessimista. Voglio solo essere realista. E allora sento il dovere di dire che ancora oggi non è stato risolto un solo fattore tra quelli che hanno scatenato la crisi. E questa è ancora all’orizzonte, ma sempre più grave.