L’ultimo è più autorevole richiamo è venuto la domenica prima di Ferragosto da papa Francesco che nell’Angelus ha sottolineato come sempre più si cerchino risposte in oroscopi e cartomanti invece che nella speranza che nasce dalla fede. La superstizione appartiene alla storia dell’uomo, ma ci sono molti elementi per ritenere che uno dei fattori di crisi umana e sociale del nostro tempo sia proprio legata all’estendersi dell’area in cui si ritiene che la fortuna, il caso, la buona sorte, possono essere i fattori decisivi, magari risolutivi della nostra vita quotidiana. Gli indizi sono molti: dall’estendersi dell’industria del gioco alla diffusione dei gratta e vinci, dalla lettura continua di oroscopi e previsioni alla crescente attenzione verso segni legati alla superstizione. 



A cavallo tra psicologia e sociologia un’analisi accattivante di come nella società attuale si guarda ai fattori che stanno alla base delle scelte di vita e nelle professioni, è quella realizzata da Paolo Iacci nel libro “Il fattore C, fortuna e determinazione nella vita e nel lavoro” (Ed. Guerininext, pagg. 192, euro 18). Iacci, vicepresidente dell’Associazione italiana direttori del personale, ha una forte esperienza, segnata anche da significativi libri, sull’analisi dei comportamenti delle persone, e insieme ha la capacità di descrivere in maniera accattivante e leggera quello che accade nella quotidianità con particolare attenzione al mondo delle imprese.



Ne risulta un viaggio attraverso pensieri e sentimenti che lascia aperta la strada a un’osservazione di fondo venata di amarezza: nella società attuale c’è una perdita progressiva dei valori e quindi del senso della vita. “Dobbiamo fronteggiare – scrive Iacci – una ‘domanda di senso’ inedita nella nostra storia economica. Nuova per quantità e per qualità. Le istituzioni e le organizzazioni, il lavoro nel suo complesso, appaiono ai giovani prive di senso. Un mero fatto strumentale per campare. Si è rotto il patto sociale per cui ci si prepara a un futuro migliore prima di tutto con lo studio, il praticantato, la volontà e la determinazione”.



È fin troppo facile attribuire la colpa di quello che non va allo Stato, alla società, alla politica, al Governo, magari a qualche complotto dei poteri forti oppure, se proprio non c’è nessuno a tiro, semplicemente alla malasorte. Una giustificazione “esterna” la si può sempre trovare per giustificare qualcosa che non va secondo i progetti e gli obiettivi fissati. Ma le motivazioni che diamo a quanto accade possono aiutare a capire come troppo spesso cerchiamo all’esterno quello che potrebbe essere dentro di noi.

Iacci cita Voltaire: “Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”, così come cita Einstein: “Ci sono due cose infinite: l’universo e la stupidità umana, ma sull’universo ho ancora dei dubbi.” Così come altri aforismi introducono i vari capitoli di un libro che costituisce un piccolo manuale di sopravvivenza in una società che ondeggia tra il non credere più a nulla e il credere a tutto, una società disposta a pagare per le illusioni e a ritenere che un gatto nero che attraversa la strada sia più un pericolo per noi che per il gatto.