La montagna europea vibra, trema. È tutta un sussultare e ribollire. Ci vorrebbe una penna leopardiana per descrivere i tormenti di questo Vesuvio. Si aprono delle faglie e si aprono burroni. Pensate al viaggio di Macron nei paesi del centro Europa e in Polonia, per arginare le migrazioni di lavoratori che da quei paesi giungono creando dumping sociali e ferite nei sistemi contrattuali. E ora si odono altri gridi e lamenti che vengono tanto dalla Germania quanto dalla Francia. I tedeschi temono l’attivismo dei cinesi che dal Pireo e dall’Italia, dove godono di potenti alleati, si lanciano su su fino in Slesia e in Prussia e minacciano il cuore tecnologico tedesco. E lo stesso fanno in Francia, con altrettanta determinata aggressività.
Mi si dirà: “Non è notizia di oggi. È un processo già ben consolidato”. Infatti, non è questa la novità. La novità è dapprima nel fatto che codeste iniziative ora sollevano la richiesta di misure legislative, ripeto legislative, regolamentari che di fatto imitano quelle vigenti negli Usa che sono dirette a rendere quasi impossibile la vendita dei cosiddetti asset strategici a una potenza straniera. La signora Merkel è stata molto chiara in proposito. Macron, dal canto suo, lo è stato già nella sua campagna elettorale, senza nessun nascondimento. Francia e Germania si rivelano unite contro il pericolo cinese.
La ragione di ciò sta nel fatto che la cuspide del potere di queste due nazioni comprende benissimo che la crisi strutturale di quei capitalismi perdura, si accresce, e non è domata dalla retorica europeista. La deflazione ordo-liberista erode i margini, fa scendere i tassi di profitto, rende più difficile la circolazione del capitale fisso e la finanza può far crescere qualche rendita, ma non crea lavoro, né prospettive per il giovane proletariato franco-tedesco. La circolazione del capitale si blocca e allora si ricorre al naturale e normale espediente che è il protezionismo. Ma questo scardina le basi stesse della struttura tecnocratica europea. Butta nel fango i trattati di Maastricht e di Lisbona, trasforma in canzoni da melodramma le recite neo liberiste.
La mia tesi è che se questo processo avanza la tecnostruttura europeistica si stacca e si separa dalle fonti storiche del suo potere che sono state le forze della concentrazione capitalistica franco-tedesca negli anni Settanta-Ottanta a cui in forma subalterna si era accodata l’Italia, speranzosa di avere uno sbocco sicuro per le sue esportazioni. Ora lo spiritello di Faust si separa dalla sua bottiglia e svolazza incontrollato. Guardate cosa sta succedendo nel campo agro-alimentare farmaceutico. Una signora dal fisico sportivo che viene dai Mari del Nord, e che nulla capisce di anti-trust, vieta alla Bayer, che di quella concentrazione capitalistica fu ed è l’alfiere, di acquistare la Monsanto, nordamericana e leader nella chimica agro-alimentare. Cose da pazzi. I servitori burocratici non rispondono più alla Knute (frusta) tedesca. Cose impensabili.
I tedeschi e i francesi giustamente si preoccupano e tentano di correre ai ripari. Come? Ma è normale, col protezionismo selettivo. E questo segna uno stringere i cordoni da parte della potenza tedesca. Nei piani alti dell’Olimpo wagneriano si teme di con controllare più, sottoposti a queste sfide, gli spiriti folletti che si agitano nelle acque del Reno. Sentite un po’ cosa vuol fare Schäuble. Proprio lui che è specializzato nell’ammazzare cicale vuole occuparsi del fondo salva-Stati, così da creare delle boccate d’ossigeno per, come li chiama lui, gli Stati del Sud. Ciò che non dice è che gli alti piani wagneriani hanno già pronta una procedura di controllo che tengono ben stretta in mano loro.
Se si rischia di perdere potere da un lato, per l’arrivo del gigante cinese, ci si illude di compensare quella perdita di potere con l’ulteriore pressione alla gola dei ringhianti staterelli sud europei, che proprio in questi momenti di crisi vanno vieppiù tenuti sotto controllo, sino a spremerne tutte le risorse, com’è successo in Grecia dove si sono comperati porti e aeroporti per un tozzo di pane. Sono le prime scosse di un terremoto imminente. Non ci sono dubbi.