Un Forum di Cernobbio molto più fedele al suo format storico rispetto al Meeting di Rimini inizia oggi a leggere “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”, come recita anche per la 43esima edizione un titolo immutabile e universalistico. A differenza del Meeting – che ogni anno individua un tema e sceglie gli interlocutori per incontri rigorosamente aperti – The European House seleziona una folla cosmopolita di Vip degli affari e del potere politico per un brainstorming chiuso di due giorni.



Il filo della conversazione riservata – ancorché filtrata in tempo reale ai battaglioni di giornalisti che assaltano Villa d’Este – è quindi lasciato ai partecipanti: non senza qualche suggestione da parte degli organizzatori. Quest’anno l’invitato speciale largamente annunciato è Luigi Di Maio, candidato premier in pectore di M5S. Qualche prima frecciata è già partita in direzione di un leader “anti-sistema” che sembra non voler rinunciare a un bagno battesimale assieme all’establishment finanziario. Ma la questione, alla vigilia dell’inizio del Forum Ambrosetti, sembra un’altra: nel settembre 2017 la Grillonomics e la qualità dei vertici pentastellati è il vero tema sul quale il gotha italo-europeo deve schiarirsi le idee? Per paradosso potrebbe risultare più “di momento” l’intervento da parte del presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni: il quale proprio a Cernobbio dovrebbe ufficialmente lanciare la campagna per il referendum consultivo del 22 ottobre per l’autonomia lombarda. La Lega (forse non più “Nord”) all’interno dello schieramento di centrodestra ha forse oggi più probabilità di entrare in una futura formazione di governo di quanta ne abbiano i 5 stelle. E l’esito dei due referendum lombardo-veneti di ottobre può avere un impatto pari a quello del voto in Sicilia.



Anche sui tradizionali temi economici il seminario dovrà trovare la sua strada. l’ultimo vertice del Quartetto europeo a Parigi (Francia, Germania, Italia e Spagna) è stato rilevante soprattutto in quanto apertura formale del cantiere della “nuova Ue” (come ha spiegato in profondità Sergio Romano sul Corriere della Sera). In breve: al centro della discussione non c’è più la partecipazione o meno dell’Italia a “Maastricht 2”. Roma – rappresentata da Paolo Gentiloni in tutti gli appuntamenti di questi mesi, dal 60esimo dei Trattati al G7 – è già al tavolo. E un principio di svolta nell’approccio dell’asse franco-tedesco – a cominciare dal terreno critico dei flussi migratori – si vede già, mano a mano che Emanuel Macron entra nel vivo del suo incarico all’Eliseo e Angela Merkel si avvicina al quarto mandato come cancelliera.



Il tema “quanta flessibilità darà Bruxelles all’Italia nella finanziaria 2018” sembra quindi divenuto riduttivo. Esattamente come un consulto cui sono attesi il Ceo francese di UniCredit, Jean Pierre Mustier e il neo-presidente francese di Tim, Arnaud de Puyfontaine rischia di essere già fuori tempo se si fossilizzerà sul dossier Vivendi e Fincantieri e sui nazionalismi finanziari all’interno delle frontiere europee. Merkel, prima di Macron, sta già guardando a un difficile aggiustamento geopolitico con Usa, Cina, Russia, Islam. E la “nuova Europa” – meno larga ma più compatta e pesante – ha bisogno dell’Italia a bordo. Il premier – se sarà ancora Paolo Gentiloni – e il ministro dell’Economia – se nel 2018 resterà Pier Carlo Padoan – dovrà negoziare con i partner europei dossier di straordinaria amministrazione: pieni di prevedibili oneri (come ad esempio prevedibili forme di ristrutturazione del debito pubblico), ma non privi di opportunità (un esempio potrebbe essere la rilocalizzazione a Milano dell’Agenzia del Farmaco, parallela a quella dell’Eba, fra Parigi e Francoforte). Si vedrà a Cernobbio se Gentiloni e a Padoan verranno poste le domande giuste, prima ancora di attendere da loro le risposte corrette.