La polemica dell’estate tra Italia e Francia sul caso Fincantieri-Stx si risolverebbe, secondo gli ultimi rumour, in un grande successo con la creazione di un gruppo europeo. Anzi, il clamoroso dietrofront francese con cui il governo transalpino si rimangia un accordo già firmato mentre Vivendi cambia l’ad di Telecom Italia sarebbe quasi provvidenziale. La disdetta, unilaterale, degli accordi tra Italia e Francia che avrebbe portato Fincantieri e gli azionisti italiani ad avere la maggioranza assoluta della francese Stx si evolverebbe oggi in un accordo di più ampio respiro in cui si metterebbe assieme sia il civile che il militare pariteticamente. L’obiettivo sarebbe un grande gruppo “europeo”. All’Italia toccherebbe un ruolo guida nel civile e alla Francia nel militare. La narrazione che ci tocca leggere tutti i giorni su questa vicenda non ha però niente a che fare non solo con la realtà, ma nemmeno con la cronaca delle ultime settimane.



Questo nuovo accordo lascia in sospeso alcune questioni capitali. La prima e più ovvia è che non si può accettare una disdetta unilaterale da parte francese per la sola ragione di evitare un controllo italiano dopo una colonizzazione francese di imprese strategiche italiane senza precedenti che proprio nelle ultime settimane ha toccato nuove vette di subalternità con la vicenda Telecom Italia-Vivendi. Si certifica il principio per cui nei rapporti commerciali tra Italia e Francia la seconda può fare quello che vuole e il nostro governo non deve mettere becco mentre l’Italia non può permettersi di intaccare il sistema Paese francese.



La seconda questione è che Francia e Italia sono concorrenti sia economicamente che soprattutto in politica estera. La guerra in Libia è solo l’aspetto più evidente dell’approccio francese secondo cui l’Italia è un pericoloso concorrente da mettere all’angolo e non un alleato; la campagna di colonizzazione economica degli ultimi anni non è nemmeno pensabile al di fuori di una strategia perseguita dal sistema francese in quanto tale. Allo stesso modo l’intervento libico è in sostanza una guerra agli interessi energetici e politici italiani che mette fuori gioco l’Italia e la rende subalterna anche politicamente. All’intervento libico, palese, si aggiungono altre vicende “strane” che toccano sia i flussi migratori, fermati a Ventimiglia, sia i rapporti con i Paesi del mediterraneo.



La terza questione è che questo controllo paritetico è una forma a cui non segue nessuna sostanza. Se gli Stati Uniti creassero una società paritetica con il Botswana non ci sarebbero dubbi sul reale controllo. Fatte le dovute proporzioni ai due lati del tavolo ci sarebbe un sistema Paese solidissimo che controlla il timone dell’Unione europea insieme alla Germania, distribuendo le carte e decidendo le regole, e dall’altro un sistema Paese sfasciato che ha perso il controllo delle leve economiche, in crisi economica e che in Europa è in evidente posizione di subalternità. Con queste premesse il controllo paritetico è una leggenda metropolitana che nei fatti non esiste.

L’ultima questione è che la divisione delle competenza, militare alla Francia e civile all’Italia, è, dal punto di vista finanziario, una fregatura colossale. Il business militare, finanziato dai governi e molto più al riparo dalla competizione, ha margini quattro/cinque volte superiori a quelli del civile.

Dipingere il nuovo accordo come un passo in avanti è surreale: è un grande passo in avanti per la colonizzazione francese dell’Italia, ma per l’Italia è in realtà la resa finale con cui si consegnano a una realtà nemica e non alleata persino le leve sul militare.

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