Il discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, è la manifestazione più emblematica di quale sia la morfologia sociale del ceto che governa la poliarchia europea. Si tratta di una tecnocrazia mista originale e di assoluta novità nelle oligarchie dominanti su scala internazionali. Ma perché mista? Ben si comprende perché la si definisca tecnocrazia: non è eletta e assume decisioni frutto di un iter simile a quello della pratica operativa tipica delle grandi imprese processando dati ed emettendo direttive che non hanno nessuna legittimazione democratica, se non in seconda istanza. Sono infatti i capi di governo che decidono l’iter burocratico e decisionale esautorando la rappresentanza territoriale europea, ossia il Parlamento, da qualsivoglia potere compulsivo. 



L’execution è quindi tecnocratica, come è tecnocratico il momento decisorio. Si tratta di un sistema che si è via via più raffinato determinando il potere di influenza poliarchico di un sistema misto di formazione della tecnocrazia. Da un lato su base nazionale con le quote monetarie proporzionali demografiche, dall’altro lato invece su base politica in senso pieno, con l’elezione di parlamentari che non agiscono per via parlamentare in senso classico perché non hanno potere legislativo. Hanno invece un grado di influenza decisorio sulla composizione della tecnostruttura. La formazione di quest’ultima è tutta partitica e quindi più che politica. Più che politica perché il partito rimane espressione dello spirito di potenza della nazione e insieme del potere di allocazione delle risorse (fondi europei, influenza sulla Bce come espressione do volontà politiche in un ultima istanza dominanti).



Ecco quindi un incrocio tra spirito di potenza politico dei partiti europei e spirito di potenza nazionale che l’un con l’altro che si rafforzano in una cuspide del potere invisibile e di formidabile potere compulsivo. Le braccia armate di questi unificati spiriti di potenza sono la Bce, che la tecnostruttura mista nomina ai vertici, e la Commissione, che sempre la tecnostruttura mista nomina senza riguardo per i governi nazionali. Si veda il caso dell’attuale Presidente del Consiglio europeo nominato senza il consenso del governo polacco. 

Juncker è per ciò che ho detto patetico perché altro non è che un burattino dello spirito di potenza vincente. Oggi è quello tedesco, certo insidiato dal risorgimento gaullista francese con il clone Macron, ma ancora bene in sella. Juncker disvela la natura mista dell’oligarchia tecnocratica europea annunciando il volere delle cuspidi dominanti. Un nuovo ministro europeo dell’Economia e delle Finanze? Ebbene un Presidente non eletto ma nominato lo annuncia come si fosse dinanzi a un normale processo democratico mentre si tratta di un gioco di specchi. Non parliamo poi dell’annuncio delle riforme istituzionali in guisa di rapporto tra Commissione e Consiglio preconizzando un presidente unico che sarà espressione del potere nazionale dominante.



Che tutto questo lo renda manifesto un personaggio come Juncker è significativo del grado di decadenza e di separazione dalla realtà di cui queste oligarchie sono espressione. La crisi economica? Ma non c’è più! Gli Usa? Ma sono in decadenza! Il Regno Unito? Ci si permette di offenderlo e di svillaneggiarlo con le parole sulla Brexit.

E l’immigrazione? Qui la protervia è pari alla presa in giro con quelle frasi di omaggio a un’Italia che rischia di perdere se stessa se continua a scambiare le ombre cinesi per il suo destino.