Tra meno di una settimana in Germania avranno luogo le elezioni politiche. Sono votazioni che riguardano noi tutti. Da un lato, la Germania del primo scorcio di questo ventunesimo secolo ha, in Europa, un ruolo molto simile all’Impero guglielmino, quando il Cancelliere era Bismarck: è così grande che un suo sussulto si riverbera su tutto il continente (o almeno sull’intera Unione europea e ancor più sull’eurozona), ma non è abbastanza grande da risolvere tutti i problemi europei. In questo dilemma, i tre Cancellierati di Angela Merkel, sono stati esemplari.



Da un canto, ha provato di essere una delle rare personalità politiche europee con un’idea chiara del futuro dell’Europa: non è una “federalista” nel senso spinelliano, ma persegue piuttosto il progetto di una confederazione in cui possono coesistere Stati e Nazioni con storie e tradizioni differenti purché abbiano alcuni obiettivi fondanti comuni. Sul piano interno (europeo) quello di evitare contrasti che l’hanno insanguinata in passato, non quello di essere “un luogo dove si vive bene e dove si è contenti di vivere”. È questo l’obiettivo che è riuscita a perseguire e realizzare in Germania e che le assicura (tranne che non ci siano sorprese dell’ultima ora) un quarto mandato alla Cancelleria. In questi ultimi tempi sono stato di frequente nella Repubblica Federale: vi si respira benessere (ma senza ostentazione) e non si avvertono forti differenze e tensioni sociali. Un “modello” a cui dovrebbero ambire numerosi Paesi dell’Europa in via d’integrazione.



Per giungere alla vittoria, dato che guida il partito di maggioranza relativa, Merkel non ha esitato a mutare partner di governo (e, quindi, alleanze) e anche a effettuare forti cambiamenti di politiche pubbliche (di particolare rilievo, quella nei confronti delle immigrazioni proveniente dal Vicino Oriente). Lo ha fatto, a volte, in modo spregiudicato, ma sempre tenendo occhi e orecchi sui “sentimenti” dell’opinione pubblica.

È, per molti aspetti, la prova vissuta del detto andreottiano che il potere logora che non lo ha o non sa usarlo in modo accorto. In breve, i sondaggi che le assicurano un quarto Cancellierato, tranne eventi improvvisi dell’ultima ora, sono affidabilissimi. Prima donna a essere eletta alla carica, la terrà più a lungo del suo “capo” e rivale, all’interno del Partito Cristiano Democratico/Cristiano Sociale, Helmut Kohl, e dello stesso “Cancelliere di Ferro” Otto von Bismarck.



In questi giorni, immediatamente precedenti le elezioni, gran parte dei commentatori si chiedono quale sarà la sua politica di alleanze all’interno della Repubblica Federale. Se lo chiederanno ancora di più dopo il 24 settembre, soprattutto se, come è prassi in Germania, i negoziati per la formazione del governo sono lunghi. In passato, Angela Merkel ha, a mio avviso correttamente, inteso che l’alleanza venisse saldata unicamente dopo la definizione di accordi precisi sui disegni di legge principali che il Governo avrebbe presentato al Parlamento.

Sono interrogativi importanti. Ma a mio avviso, ce ne è uno più cruciale: cosa avverrà dopo il quarto cancellierato Merkel? È un interrogativo che ci riguarda tutti da vicino. Non ritengo sia possibile, se non altro per ragioni di età, un quinto Cancellierato Merkel. Inoltre, credo che un altro Paese europeo, ad esempio la Francia, possa aspirare a prendere il ruolo della Repubblica Federale Tedesca. Tuttavia, non sembra che i cristiano democratici e i cristiano sociali abbiano preparato tra le loro file un successore. Il partito liberal-democratico e il partito verde sono troppo piccoli per aspirare alla Cancelleria. I due partiti di estrema destra ed estrema sinistra non hanno pretese di leadership europea. Anzi sono anti-europei.

All’indomani delle elezioni il “dopo Merkel” dovrebbe essere il tema centrale di dibattito.