Macron oggi incontrerà il nostro presidente del consiglio a Lione. Immaginiamo ci siano molti punti all’ordine del giorno a partire dalla vicenda Fincantieri-Stx e agli altri dossier economico-finanziari su cui Italia e Francia si sono incontrati e scontrati negli ultimi mesi: l’assetto di controllo di Telecom Italia e del primo operatore televisivo privato Mediaset, i destini di buona parte del sistema finanziario italiano con Generali, Mediobanca e Unicredit, il futuro di alcuni settori industriali strategici come quello della difesa. In teoria oggi Gentiloni potrebbe discutere con il partner francese il futuro di buona parte dell’economia italiana; Macron non ha bisogno di Gentiloni per affrontare la stessa questione lato francese, ma questa è un’altra storia. Lo sfondo di questo incontro è la questione europea all’interno della quale si collocano anche le vicende economico-finanziarie italiane, se non altro per la docilità con cui l’Italia accetta certi epiloghi.
Ieri Macron ha parlato per due ore agli studenti della Sorbona sul futuro dell’Europa. Il suo intervento ha avuto come argomento centrale la necessità per l’Europa di fare un salto in avanti nell’integrazione; uno sviluppo necessario e inevitabile per mantenere in vita l’Unione europea. Le proposte di Macron sono ambiziose e vogliono “ricostruire un’Europa che sia sovrana, unita e democratica”. L’obiettivo è quello di avere all’inizio del prossimo decennio, tra due anni, “una forza di intervento comune, un comune budget della difesa e una comune linea d’azione”. Tra le proposte lanciate anche quella di un comune ministro delle Finanze e dell’uniformazione delle aliquote fiscali per le imprese. Il salto in avanti nell’integrazione richiede un sostanziale trasferimento di sovranità dai singoli stati nazionali a organi europei.
Il motore di questo salto in avanti è un accordo franco-tedesco. “Propongo alla Germania una nuova partnership. Non saremo d’accordo su tutto immediatamente, ma discuteremo tutto”; “condividiamo le stesse ambizioni europee”. Questa nuova “partnership” ha come obiettivo, secondo Macron, quello di integrare completamente i mercati tedesco e francese e la legislazione per le imprese entro il 2024, l’anno delle Olimpiadi che avrebbero dovuto essere a Roma. L’Italia da questa partnership è esclusa e le è richiesto in sostanza di accettare quello che viene deciso, ma il problema è più ampio. La maggiore integrazione voluta da Macron è un’idea affascinante in un mondo in cui si scontrano potenze continentali. Macron ieri però non ha detto come e chi dovrà decidere le regole della nuova Europa. Il Parlamento europeo non è un vero parlamento e non decide niente e nelle istituzioni europee, euro incluso, si fatica moltissimo a trovare la sovranità popolare. La Commissione europea è nominata e non eletta. Il trasferimento di sovranità non avviene tra un parlamento nazionale, per esempio portoghese, e un equiparabile parlamento europeo. In questo salto in avanti di cui parla Macron non si specifica come e da chi verrà deciso; non si dice quali sono le regole.
Non si dice ma è chiaro a chiunque abbia gli occhi per vedere che il trasferimento di sovranità non è tra governi nazionali europei ed Europa, ma tra governi nazionali, Italia inclusa, e chi in questo momento controlla le istituzioni europee e cioè la Francia e la Germania che faranno di tutto per mantenere una situazione che li pone al comando solitario. Il diavolo, come dicono gli inglesi, si nasconde nei dettagli. Infatti, gli inglesi hanno capito l’antifona e se ne sono andati. Possono essere accusati di mancanza di coraggio, ma è difficile rimanere in un’istituzione che sta per fare un salto in avanti mostruoso e in cui non è chiaro chi decide o forse è troppo chiaro che saranno altri per altri interessi. Tutto quello che si diranno oggi Macron e Gentiloni su ogni dossier si colloca in questa vicenda.
Stiamo per entrare in Europa e per abbandonare le istituzioni italiane, che fino a prova contraria votiamo, senza avere un briciolo di potere decisionale su quelle future né come Paese, né come elettori. Poi dicono che chi è contro l’Unione europea, che non coincide con l’Europa, è antidemocratico. Chi se ne è andato è uscito con un referendum vero, noi entriamo a forza rappresentati, per il sesto anno di fila, da un presidente del consiglio non eletto. Per la cronaca i due Paesi che stanno facendo l’Europa e che detengono il potere sulle sue istituzioni hanno partiti di destra oltre il 20% e oltre il 10% eletti in elezioni a cui noi non partecipiamo. Da qua al 2024, magari con un’altra crisi economica globale, non ci sentiremmo tranquilli a scommettere che le cose, a questo riguardo, non peggiorino sensibilmente. Nel caso peggiore, comunque, ci consoleremo dicendo che il “fascismo” l’ha voluto l’Europa.