Volete l’esempio plastico, oserei dire cronachistico, di quanto vi dico da anni, ovvero che viviamo in una bolla di sapone distante anni luce dalla realtà, da come davvero stanno le cose? Bene, ieri l’ultima giornata del Forum Ambrosetti di Cernobbio vedeva ospiti Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il futuro del Paese. Di più, la notizia del giorno sui giornali era l’appello lanciato sabato, sempre dal lago di Como, da Pierre Moscovici: non si cresce con il deficit ed è ora che si arrivi a un ministro delle Finanze europeo.
Dunque, che non si cresce in deficit, l’Italia se lo sente dire da un quarantennio. E se ne è sempre infischiata, come i nostri partner che giocano a fare i virtuosi, tra l’altro, visto che il surplus tedesco è il dumping corrispettivo. Il ministro delle Finanze Ue ce lo abbiamo già, si chiama Wolfgang Schäuble e opera su mandato della Bundesbank, ora un po’ ammaccato da quando Mario Draghi ha lanciato il Qe. Ecco quella che per Cernobbio è la realtà, la sfida del presente e del futuro.
Bene, in assoluta contemporanea con questo imperdibile appuntamento, ecco cosa emergeva dalle cronache preparatorie della riunione dei Brics a Xiamen in Cina, apertasi appunto ieri (terminerà domani) con tutti gli onori e tutti i capi di Stato presenti, in testa Vladimir Putin. Il principale importatore mondiale di petrolio, la Cina, si prepara a lanciare contratti futures sul greggio denominati in yuan cinesi e convertibili in oro, creando di fatto il più importante mercato asiatico del petrolio e consentendo agli esportatori di superare i mercati denominati in dollari Usa. Praticamente, la rivoluzione copernicana e la morte del concetto stesso di petrodollaro, uno degli architravi storici del sistema finanziario globale.
Pensate che a Cernobbio abbiano discusso di questo? No, dovevano ascoltare Di Maio che presentava la sua idea di smart nation. Ovvero, da noi si continuano a discutere temi che sono sul piatto — irrisolti — da 10-15 anni, in Cina si guarda ai prossimi 50 anni. E chi dovrebbe analizzare, discutere, offrire scenari, spunti e riflessioni, pende dalle labbra di Pierre Moscovici. O, peggio, di Matteo Salvini e della sua flat tax. E invece di cosa si parla nella città portuale sulla costa sud-occidentale cinese?
Quest’anno il presidente Xi Jinping ha voluto un’inedita versione plus: a molti degli incontri previsti, infatti, parteciperanno per la prima volta anche responsabili di Egitto, Kenya, Tagikistan, Messico e Thailandia. Al riguardo il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha spiegato che “quello dei Brics non è un club esclusivo. I suoi sforzi di cooperazione vanno ben aldilà dei Paesi che ne fanno parte e credo che il modello ‘Brics plus’ sprigionerà pienamente tutta la vitalità del nostro gruppo”.
L’agenda dei lavori — che hanno per tema Una partnership più forte per un futuro più brillante — prevede discussioni su collaborazione economica, cooperazione politica e di sicurezza, impegno per frenare i cambiamenti climatici e creazione di un’agenzia di rating che contrasti l’operato, considerato troppo filo-occidentale, di Moody’s, Fitch e Standard & Poor’s. Inoltre il cinese Xi, l’indiano Narendra Modi, il russo Vladimir Putin, il brasiliano Michel Temer e il sudafricano Jacob Zuma ascolteranno una relazione sull’attività della New Development Bank che, fondata nel 2014, quest’anno ha annunciato nuovi prestiti per 1,4 miliardi di dollari per progetti di sviluppo in Cina, India e Russia.
Signori, questi stanno programmando lo sviluppo delle relazioni mondiali che si stanno concentrando attorno al progetto di “Nuova via della seta” e del nuovo secolo africano e noi ascoltiamo Di Maio e de Bortoli! Di più, stando a fonti diplomatiche indiane, fra i documenti (almeno quattro) che saranno sottoscritti nel vertice, uno conterrà un forte sostegno alla globalizzazione, di cui Cina e India vorrebbero candidarsi ad essere d’ora in poi il motore, alimentato dalla forte crescita annuale delle loro economie. La Russia ha ufficializzato che chiederà ai Brics un coinvolgimento nel consolidamento dei risultati ottenuti in Siria, mentre è probabile che Modi insista sulla necessità di un fermo contrasto al terrorismo, con allusione al Pakistan, alleato della Cina. Inoltre, New Delhi non esclude un colloquio Xi-Modi a margine dei lavori, importante per sancire la riconciliazione fra i due leader dopo le recenti tensioni militari registrate sull’altipiano di Doklan al loro confine comune.
Parliamo di un simposio che rappresenta il 42% della popolazione mondiale, il 23% del Pil globale, il 45% della crescita economica registrata nel mondo dal 2009 e il 17% degli scambi commerciali planetari. E che sta decidendo il da farsi, mettendo di fatto all’angolo il cinquantennale equilibrio di potere americocentrico, mentre noi aneliamo per una battuta di Brunetta sul reddito di inclusione durante il coffee-break vista lago.
Potrei fermarmi qui, siete troppo intelligenti per non aver già capito che l’Ue non andrà mai da nessuna parte, se i presupposti di analisi e soprattutto azione sono questi: abbiamo la reattività di un cadavere in sala autopsie e ci lamentiamo della difficoltà di uscire dalla crisi. L’Ue parla di aiuti all’Africa e cooperazione, sventolando qualche miliardo e piani confusi, mentre i Brics stanno praticamente ipotecando i prossimi cento anni di sviluppo. Progetti e finanziamenti alla mano, pronta cassa. Chi sarebbero i Paesi in via di sviluppo, quindi?
E attenzione, perché al netto delle tensioni Usa-Russia sul caso del consolato a San Francisco, quello che brucerebbe i documenti nel camino in epoca di cyberterrorismo e chiavette Usb usate anche dai neonati, un fronte che a Cernobbio non hanno discusso ma che ci potrebbe interessare direttamente a breve, quando il freddo farà tornare alla ribalta la questione della dipendenza europea da Mosca, è quello delle esercitazioni Zapad 2017 dell’esercito russo che inizieranno tra dieci giorni e mobiliteranno 100mila uomini fino ai confini baltici.
Ieri il generale statunitense Ben Hodges, comandante delle forze terrestri americane in Europa, ha esortato la Russia ad invitare i rappresentanti dei media per supervisionare le esercitazioni militari: in una conferenza stampa congiunta con il ministro della Difesa della Lituania a Vilnius, ha dichiarato di non avere motivo di fidarsi delle informazioni fornite da Mosca sulla portata delle manovre militari. Ecco le sue parole: “I russi non ci hanno dato seri motivi per credere ai loro numeri. Ma ripeto, le esercitazioni non sono ancora state effettuate, al momento non sappiamo ancora cosa stanno pianificando”, ha detto Hodges. E, a stretto giro di posta, il senatore russo Alexey Pushkov ha osservato che in Danimarca hanno iniziato a emergere, con strano tempismo, dei dubbi sulla costruzione del gasdotto Nord Stream-2 dopo le sanzioni statunitensi. Di fatto, una pressione evidente. Cospirazione contro Nord Stream-2: ora viene coinvolta la Danimarca, ha scritto Pushkov su Twitter. Il progetto Nord Stream-2 prevede la costruzione di due rami di un gasdotto con una capacità complessiva annuale di 55 miliardi di metri cubi in grado di consegnare il gas direttamente dalla Russia alla Germania, attraverso il Mar Baltico. Il gasdotto offshore attraverserà le zone economiche territoriali e/o esclusive di diversi Paesi lungo le rive del Mar Baltico, tra cui Russia, Finlandia, Svezia, Danimarca e Germania. Non vedete nesso tra le due cose? Aspettate 15 giorni. Nel frattempo, ascoltate Di Maio e Salvini.