Il governo, impegnato a dettagliare la legge di bilancio 2018, dovrebbe allocare molte più risorse per l’istruzione di massa. L’urgenza è data dall’impatto selettivo della rivoluzione tecnologica in atto: chi è formato in modo adeguato trova lavoro mentre chi non lo è perde il lavoro stesso e non ne trova un altro. La correlazione tra istruzione e posizione nella nuova economia trainata dalla tecnologia è nota da decenni. Ma dal 2010 la selezione è più accelerata ed estesa perché la Quarta rivoluzione industriale riguarda l’intelligenza artificiale, cioè la possibilità di usare robot al posto degli umani e transazioni in rete iperveloce che sostituiscono quelle tradizionali, per esempio il commercio elettronico. Alcuni studiosi ritengono che nel futuro ci sarà meno lavoro e si pongono il problema di come dare un salario assistenziale a masse di disoccupati. Tali ricerche, però, si basano sull’osservazione del lavoro umano distrutto dal primo impatto delle nuove tecnologie su una società impreparata. Quelle più recenti rilevano anche le nuove opportunità di lavoro e reddito creati dalla reazione attiva della società all’irruzione della nuova cibernetica e che il successo nel coglierle dipende dal livello di formazione.
A fronte della chiarezza di questo dato è preoccupante la situazione dell’Italia: negli ultimi cinque anni la spesa per sistemi educativi è diminuita di ben il 15%, circa 1/3 dei giovani tra i 20 e 24 anni né studia né lavora e il numero dei laureati è percentualmente il più basso tra le nazioni comparabili. Ciò implica che l’Italia è ad alto rischio di essere vittima della rivoluzione tecnologica invece che campione o a doverla ritardare per motivi di protezione sociale, così diventando vittima in altro modo. Chi per mestiere fa scenari vede il problema, ma chi governa tende a oscurarlo perché la soluzione necessaria sarebbe allocare, ora e non domani, risorse fiscali a favore della formazione iniziale e continua, togliendole ad altri impieghi visti i vincoli al pareggio di bilancio, con dissensi enormi.
Infatti, il governo sta pensando a contribuzioni assistenzialistiche per i giovani invece di finanziare la loro istruzione adeguata. Un po’ meglio è l’idea di facilitare la formazione nelle aziende in combinazione con gli incentivi “industria 4.0”. Ma, nel complesso, l’investimento di qualificazione e riqualificazione del capitale umano è insufficiente e rischia di restarlo. Almeno lo sappiano le famiglie per supplire privatamente a questo difetto sistemico fornendo più formazione ai figli e a se stesse.