La stagione degli esami, come previsto, slitta ad ottobre quando, come ha detto Mario Draghi, “probabilmente verrà preso il grosso delle decisioni sul Qe”. Ma molto, ha aggiunto il presidente della Bce, “molto dipenderà dall’andamento dei dati macroeconomici nelle prossime settimane”. Ovvero, sulle strategie monetarie dell’Eurozona incombe la minaccia della forza dell’euro perché “la recente volatilità dei tassi di cambio rappresenta una fonte di incertezza che richiede di essere monitorata per ciò che riguarda le possibili implicazioni per l’outlook di medio termine e per la stabilità dei prezzi”.
Le parole del banchiere hanno avuto un’immediata eco sui mercati: la moneta unica è risalita oltre quota 1,20 sul dollaro andando a lambire il record di 1,2069 sul dollaro (massimo da due anni e mezzo). Salgono anche i mercati azionari del Vecchio Continente, alleggeriti dalla preoccupazione di una stretta sui tassi. Solo ad ottobre si affronterà il tema della riduzione degli acquisti della Bce sul mercato anche se, sostiene il Financial Times, in via informale” ieri si è cominciato a parlare di tapering”. Per ora, però, non cambia nulla: il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali resta a zero, il tasso sulle operazioni marginali resta allo 0,25 per cento e il tasso sui depositi presso la banca centrale è stabile al -0,40 per cento.
Non solo. Il Consiglio direttivo ha anche ribadito di attendersi che i tassi resteranno ai livelli attuali “per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività”. Inoltre la Banca centrale ha confermato la prosecuzione del Quantitative easing al ritmo di 60 miliardi di euro al mese fino alla fine del 2017 “o anche oltre se necessario”. La Bce ha mantenuto la formula che lascia la porta aperta a eventuali potenziamenti degli stimoli mentre, nel comunicato diffuso al termine del direttorio, non si ravvisano invece indicazioni sul “tapering”.
Perché tanta cautela? Nonostante il buon andamento dell’economia, che giustifica l’andamento positivi delle Borse, l’inflazione non mostra segni di ripresa. Anzi “le prospettive di crescita dei prezzi a medio termine sono state riviste al ribasso”, e la Bce, per dirla con Draghi, “dovrà tenerne conto nell’insieme delle informazioni con cui prenderà le future decisioni di politica monetaria”. E’ uno degli effetti, forse il più sorprendente, della rivalutazione dell’euro sulla moneta Usa che riflette la delicata situazione geopolitica d’oltreoceano, segnata dalla contrapposizione tra il presidente Trump e una fetta cospicua della società americana. Il calo del dollaro, il 15 per cento circa da inizio anno, ha compensato ritardi e delusioni della Trumponomics. Nel frattempo regna grande incertezza sui destini della Fed. Dopo le dimissioni del vice di Janet Yellen, Stanley Fischer, 5 dei posti del board della banca centrale sono vacanti, in attesa dell’uscita di scena di Janet Yellen nel prossimo febbraio. Non si sa bene a vantaggio di chi perché il favorito Gary Cohn, gradito non solo a Wall Street, è caduto in disgrazia dopo le critiche all’atteggiamento di Trump sui disordini razziali.
In questa cornice Draghi ha avuto facile gioco ad imporre la regola di Fabio Massimo “il temporeggiatore” ai partner Ue. I tedeschi, dopo una bordata di critiche preelettorali contro la politica dei tassi bassi a beneficio di banchieri e correntisti, traggono vantaggio da una congiuntura eccezionale dell’industria manifatturiera; l’Italia, già rassegnata pochi mesi fa a fare i conti con la ripresa dei tassi reali, gode a sorpresa di una stagione irripetibile di tassi bassi, ordini industriali in ripresa assieme al prodotto interno lordo. In questo quadro, “senza guadare alle elezioni di un singolo Paese” ha sottolineato (forse mentendo) il banchiere, la Bce potrà assumere nel direttivo del 25 ottobre prossimo scelte ben ponderate sul Qe, di cui si è già discusso a proposito dei”vari scenari riguardanti la lunghezza e la dimensione dei flussi mensili di acquisti di titoli”. “Prevediamo un programma di reinvestimento, che diventerà progressivamente più imponente dal momento che il Qe va avanti da anni”, ha affermato Draghi, riferendosi al fatto che la Bce intende riacquistare titoli di Stato di pari durata man mano che quelli in portafoglio arrivano a scadenza.
Insomma, dopo aver attivato il circuito virtuoso della ripresa, Draghi sta operando perché duri il più possibile. Un gioco delicato e complicato, tra fiammate protezionistiche, aberrazioni da Brexit e rischio missili. Ma, per nostra fortuna, il banchiere romano è anche fortunato.