La partita Alitalia sembra andare verso una decisione da parte del Governo prima delle elezioni dopo 8 lunghi mesi di Commissariamento. Le offerte sul tavolo sono tre, ma la più realistica rimane quella di Lufthansa, che continua ad avere la capacità maggiore d’integrare nel proprio business model la compagnia italiana. In aggiunta sembra essere arrivato anche l’interesse di AirFrance-Klm e forse quello di Delta. È molto complicato che il vettore americano possa andare da solo poiché incontrerebbe il limite del 49% di proprietà per soggetti esterni all’Unione europea. La proposta AirFrance-Klm andrebbe in coppia con Easyjet, presupponendo un’opzione spezzatino per Alitalia. Una soluzione difficilmente digeribile per il Governo.



Questa entrata in partita degli attori Skyteam sembra alquanto strana, tanto che l’amministratore delegato di Lufthansa Spohr ha reso pubblica una lettera al Ministro Calenda che fa intendere che poche opzioni, se non tagli, rimangono per Alitalia. La compagnia tedesca ha chiuso il 2017 con circa 130 milioni di passeggeri, superando anche Ryanair che ne ha trasportati 129 milioni. L’offerta tedesca tuttavia continua a mostrare tutta la debolezza del vettore italiano e il fatto che si sia arrivati al peggior periodo per il settore aereo (gennaio e febbraio sono mesi in cui le compagnie aeree perdono soldi) non aiuta certo ad avere forza contrattuale per il Governo italiano.



Andando a vedere i dati storici, nel primo bimestre dell’anno, Alitalia ha sempre perso oltre 100 milioni di euro: per la precisione 173 milioni nel 2016 e 181 milioni nel 2017. Se anche i conti migliorassero in maniera importante, sarà ben difficile chiudere con un passivo inferiore ai 100 milioni di euro nei primi due mesi del 2018. Oltretutto il prezzo del carburante, che incide per circa il 22% dei costi, è in aumento e quindi la situazione rimane complicata.

È chiaro che l’offerta di Lufthansa, che prevede circa 300 milioni di euro, senza assunzione del debito e anche del prestito ponte che rimarrebbe di fatto in capo allo Stato italiano, mostra tutta la debolezza del vettore italiano. Lufthansa prevede inoltre un taglio del numero di dipendenti, circa 2.000, che non saranno facili da far digerire nel corso di una campagna elettorale molto accesa. Molto probabilmente sarà il personale di terra a essere tagliato, ma in generale la nuova Alitalia sarà più piccola di quanto lo sia ora. E già adesso è un vettore regionale se confrontato agli attori europei.



Trasporterà circa 16 milioni di passeggeri, mantenendo Roma Fiumicino come hub secondario, un po’ come è successo a Bruxelles e Vienna nell’annessione nel gruppo tedesco di Austrian Airlines e Brussels Airlines, i vettori di riferimento di Austria e Belgio rispettivamente. Linate sarà mantenuto grazie alla posizione di dominanza sullo scalo da parte di Alitalia (circa il 60% del mercato), mentre Malpensa è già residuale nella mappa del vettore italiano. È dunque chiaro che se anche le trattative in esclusiva con Lufthansa dovessero partire nei prossimi giorni non sarà facile concludere prima del 4 marzo, giorno delle elezioni.

In questa visione non certa positiva è giusto porsi delle domande: sono credibili le altre alternative? Sarebbe il processo potuto andare diversamente? Sicuramente la lentezza del processo di vendita è stato l’errore più grande del Governo. Alitalia non poteva stare in piedi e il prestito ponte a poco è servito per avere una più forte posizione contrattuale. Il prestito è servito solo a mantenere in vita artificialmente un vettore che perde soldi anche durante l’estate, come dimostrato dalle perdite di 31 milioni di euro nel periodo giugno-ottobre. Si sarebbe dovuto fare tutto più velocemente com’è stato fatto per Air Berlin. Il punto è che ormai le altre alternative, compresa la pista francese, non sono facili da attuare e poi rimane il fallimento della compagnia aerea. Ma questa ultima opzione non è praticabile, soprattutto con la classe politica attuale e con le elezioni alle porte.

L’importante è evitare l’opzione più pericolosa: l’intervento dello Stato con una quota azionaria nel vettore italiano. È vero che i miliardi di euro persi dal contribuente non sono mai abbastanza, ma non è più sopportabile una visione totalmente cieca da parte della classe politica. La dura verità è che le elezioni e le promesse elettorali purtroppo non scartano al 100% questa opzione tragica per il contribuente.