Il 2017 verrà ricordato come il momento storico in cui il termine criptovaluta è entrato nell’uso comune. Sono in pochi oggi, investitori o speculatori, persino “non addetti ai lavori”, a non aver incrociato almeno per un attimo qualche notizia sull’evolversi del prezzo di queste “nuove” currencies. La più famosa è sicuramente il Bitcoin, che dopo la falsa partenza pre 2015, ha pian piano iniziato a conquistare l’interesse degli investitori, complici i bassi rendimenti sugli assets tradizionali, a suon di guadagni percentuali in doppia cifra. Nella seconda metà dell’anno l’inarrestabile cavalcata, che ha permesso di decuplicare i corsi della valuta virtuale, ha convinto anche i più scettici a non considerare il Bitcoin solo una moda del momento: da metà dicembre ha esordito al Mercantile Exchange di Chicago il contratto future che ha per sottostante la cripto, che, quindi, può essere negoziata sui mercati regolamentati oltre che su quelli over the counter.



È ancora presto per considerare il Bitcoin alla stregua di un cambio tradizionale, vista la fortissima volatilità che fino a oggi ne ha caratterizzato gli scostamenti di prezzo, piuttosto che uno strumento finanziario molto speculativo. Tuttavia l’aspetto principale che lo differenzia dalle altre criptovalute (il quantitativo limitato e già stabilito di coin minabili) potrebbe essere un elemento di stabilizzazione in un futuro prossimo. Questo forse non necessariamente è motivo di appeal presso gli investitori, infatti è curioso che da quando è nato il future i prezzi abbiano subito una brusca flessione, per poi stabilizzarsi in un range abbastanza ristretto; di contro l’interesse sembra essersi spostato su altre criptovalute. La scorsa settimana infatti il Ripple ha segato nuovi massimi storici raggiungendo una capitalizzazione di oltre 137 miliardi di dollari e facendo registrare i maggiori incrementi percentuali su base annua.



Quest’ultima valuta virtuale rappresenta un sistema di compensazione in tempo reale: il “protocollo di transazione Ripple”, un’entità open source che ha lo scopo di gestire transazioni finanziarie sicure, in tempi rapidissimi e, rispetto ai canali tradizionali, in maniera quasi gratuita. Il Ripple, a differenza del Bitcoin che utilizza un sistema Proof of work (il cosiddetto mining), ha un processo di approvazione iterativo ed è proprio questo che permette di finalizzare le transazioni in tempi più rapidi rispetto ad altre criptocurrencies.

Mentre si cerca di capire quale valuta virtuale (se vi sarà) potrà fare il prossimo exploit, il calendario delle Ico si fa sempre più fitto, basti pensare che solo nel prossimo mese è prevista più di una dozzina di nuovi collocamenti.