Il meeting tra Angela Merkel ed Emmanuel Macron è stato salutato come un passo importante nel processo di unificazione europea. Il progetto europeo, il trasferimento di sovranità da stati nazionali a Europa, ha bisogno di un salto in avanti che risolva i problemi emersi negli ultimi anni. Questi problemi si riassumono in questo modo: l’attuale struttura economico finanziaria europea agisce in senso centrifugo allargando le differenze tra stati ed economie forti e stati ed economie deboli; questo fenomeno si acuisce in presenza di crisi. Allo stesso modo non esiste nessun meccanismo che possa controbilanciare questo fenomeno. Oggi nella stessa area economica, con la stessa valuta, con le stesse leggi, con lo stesso mercato, convivono stati con una disoccupazione al 25% e stati con una disoccupazione al 5% e i primi, in più, hanno un’imposizione fiscale crescente e minori investimenti.
Per tenere insieme regioni con indicatori economici così diversi ci sono solo due soluzioni possibili. La prima passa da una redistribuzione interna per cui la Germania smette di pensarsi come Germania e comincia a pensarsi come Europa e quindi “aiuta” gli europei che parlano greco. La seconda passa per un trasferimento di potere politico verso il centro che impedisca alle regioni più deboli di uscire da un meccanismo che, a quel punto, è solo una trappola infernale. In sostanza una colonizzazione della periferia.
Le discussioni tra Francia e Germania che concordano e decidono una loro piattaforma comune e poi la esportano non va nella prima direzione. Possiamo immaginare che la Francia conceda alla Germania un surplus commerciale e finanziario anche se viola le regole comuni e in cambio ottenga un mano morbida sugli sforamenti di deficit, un’esclusiva sulla campagna d’Italia e così via. Nella partita magari finisce, suggeriva il ministro delle finanze francese Le Maire ieri, che la Germania ottenga l’oblio totale sui suoi, grandi, problemi bancari.
Quindi in sostanza Francia e Germania decidono le regole che tutelano i propri interessi poi le esportano in Europa. Con una differenza: a quel punto quegli accordi diventano le decisioni “dell’Europa” che bisogna accettare perché parte del processo di consolidamento e per cui bisogna essere disposti anche ad accettare gli inevitabili sacrifici in nome del grande e buon progetto europeo. Ma Francia e Germania si sono assicurati in via preventiva che di sacrifici non ne faranno neanche mezzo e se li fanno solo con adeguata contropartita.
L’Italia è di gran lunga la vittima principale di questo processo che non può avvenire se non contro i suoi interessi. Per mille ragioni, tra cui la dimensione e la forza delle sue imprese, l’Italia è il concorrente principale sia della Francia che della Germania. È inevitabile che un accordo preventivo che tutela gli interessi del duo che oggi comanda in Europa che sistemi tutte le loro partite e poi venga imposto al resto d’Europa abbia dall’altra parte della bilancia il loro principale concorrente, e cioè noi.
L’Italia non è neanche contemplata in questo processo pur essendo un Paese fondatore di 60 milioni di persone. L’Italia è il perdente di un processo di consolidamento fatto in questo modo che non aiuta nessuno se non chi lo conduce. In quest’ottica le elezioni italiane sono ininfluenti perché a chiunque vinca l’Europa presenterà la lista della spesa, già decisa, su tutte le cose veramente importanti: tasse, investimenti, banche, pensioni, lavoro ecc. La riunione tra Francia e Germania che trovano un accordo da imporre, con le buone o con le cattive, al resto d’Europa è il simbolo della sconfitta Italiana.
La tragedia è che tutto questo non ci interessa e nemmeno entra nella campagna elettorale. L’unica cosa che ci dovrebbe interessare è come cambiare l’Europa e i suoi rapporti di forza e chi ci può aiutare a farlo. E se non possiamo più le soluzioni sono uscirne o emigrare. Nell’Europa franco-tedesca l’unico posto per l’Italia è da colonia o da colonie.