La settimana scorsa, il Governo Gentiloni, e soprattutto la segreteria del Pd, hanno cercato di centrare un colpo elettorale che si sta rivelando un boomerang. E, soprattutto, che è stato apertamente smentito dai fatti. Tanto che potrà portare acqua (ossia voti) alla coalizione di centrodestra e al Movimento 5 stelle. Andiamo con ordine, leggendo con attenzione le notizie. La prima riguarda l’intervento del Commissario Pierre Moscovici (responsabile per gli Affari economici) secondo cui l’Italia è come un gatto: cade sempre in piedi. “Oggi la situazione economica sta migliorando, ci sono capacità creative, con un tessuto di pmi estremamente potente che esporta e che alcuni potrebbero anche invidiarle…”. Ha poi detto: “L’Italia si prepara ad elezioni il cui esito è quanto mai indeciso. Quale maggioranza – si è chiesto – uscirà dal voto”, specificando che una maggioranza non gradita a Bruxelles potrebbe creare seri problemi in tutta Europa. La dichiarazione accuratamente preparata da un burocrate della Commissione europea la cui carriera è stata fatta quando Romano Prodi ne era alla guida – un funzionario che si era autocandidato alla Presidenza della Consob – sarebbe dovuto essere un “assist” al Pd in una fase in cui i sondaggi lo danno perdente.
La seconda news, non affatto fake, è il documento sulla riforma dell’eurozona presentato a Bruxelles il 17 gennaio nella sede del Centre for Economic Policy Research (Cepr), di cui si è anche parlato su queste pagine. Occorre collegare le due notizie. Sul merito della prima, hanno risposto eloquentemente il Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, e l’ex ministro degli Esteri, nonché Commissario europeo, Franco Frattini. Non si è mai vista un’interferenza così pesante da parte di un Commissario europeo, mentre in uno degli Stati membri (e uno degli Stati fondatori) è in corso una campagna elettorale. Pierre Moscovici dovrebbe dare le dimissioni o essere dimissionato, su richiesta dell’Italia. Tuttavia, né Palazzo Chigi, né la Farnesina hanno alzato un dito, dimostrando come c’è una “relazione pericolosa” tra il Pd e certi euroburocrati.
La seconda notizia prova quanto questa testata ha sostenuto alcune settimane fa a ragione dell’aggiornamento del trattato franco-tedesco detto “dell’Eliseo”: ormai, dopo circa quattro anni in cui andiamo in Europa con il cappello in mano alla richiesta di “flessibilità”, ci si considera in “serie B”. Non veniamo neanche consultati sulle strategie europee più importanti, pur se qualche Commissario è pronto a fare da “utile idiota” per fare finta di dare una mano ai propri compagni di cordata.
Il Presidente del Consiglio Gentiloni ha presentato al “colto ed all’inclito” la possibilità di un “Trattato del Quirinale” tra Italia e Francia analogo a quello “dell’Eliseo” tra Francia e Germania. Non solo da Parigi non c’è stata nessuna chiara risposta. È eloquente, però, che le proposte di riforma dell’eurozona (Trattato di Maastricht, Fiscal compact e via discorrendo) siano state redatte da quattordici economisti, sette francesi e sette tedeschi, senza nessuna consultazione con economisti italiani. Si può dire che il documento è un lavoro tecnico, presentato in una sede tecnica (uno dei maggiori think tank europei). Tuttavia, i nomi degli economisti che lo hanno redatto sono di docenti universitari sempre legati alla politica, soprattutto Jean Pisani-Ferry, docente a Sciences Po a Parigi e alla Hertie School of Government di Berlino (una delle più autorevoli università europee in materia di politiche pubbliche). Se si entra nel merito delle proposte (articolate in sei punti principali), a una lettura veloce, esse non sembrano facilitare il cammino verso il riassetto strutturale dell’Italia, soprattutto dopo gli ultimi quattro anni di non adeguata politica economica.
Dove è il boomerang? Oltre un terzo degli elettori è indeciso (come ha detto a questa testata Gianfranco Pasquino, di cui sono stato collega per circa dieci anni, al Sais Europe Center di Bologna). A questi indecisi non piace certo che l’Italia sia trattata come una colonia da burocrati europei e che Francia e Germania facciano il lavoro tecnico di preparazione della riforma dell’eurozona senza neanche consultare il nostro Paesi e i suoi esperti.
Ogni volta che l’Italia viene presa palesemente a schiaffi, il Paese reagisce con una scossa e un sussulto di orgoglio. Le parole di Moscovici e la proposta di riforma dell’eurozona porteranno visibilmente buona parte degli indecisi verso il centrodestra (che ha sempre alzato la bandiera nazionale) e verso il Movimento 5 stelle (che non hai mai mostrato simpatia nei confronti di coloro che Altiero Spinelli chiamava “gli eurocrati”).