Seicento miliardi di dollari di capitalizzazione delle cosiddette criptovalute sono molti o pochi? Alcuni milioni di indirizzi unici nella rete – attenzione non persone fisiche differenti – sono molti o pochi? 120 dollari per un solo centesimo di bitcoin – per chi non lo sapesse, la moneta virtuale può essere divisa persino in miliardesimi di miliardesimi! – rappresentano ancora l’inizio o la fine del fenomeno?
Dopo l’ennesima altalena di valori che ha fatto parlare i giornali di crollo e di fine del fenomeno dell’economia e della finanza decentralizzate, ci ritroviamo di fronte a un mercato di oggetti digitali che solo quattro anni fa era inesistente e ancora in estate rappresentava meno di 100 miliardi di dollari. Al momento la maggior parte degli utilizzatori di queste monete e di questi token – così vengono definite le quote digitali delle iniziative proposte a questo nuovo mercato globale – non fa altro che scambiarli fra loro e con quelli che, volendo entrare nel giro, sono disposti a pagare in moneta corrente e a prezzi al momento mediamente sempre crescenti. Questo avviene per ora nell’aspettativa di un facile guadagno e senza interrogarsi sulla funzionalità della monete acquisite.
Il mercato prezza questo desiderio di accumulo e di costruzione di un sistema alternativo per lo scambio nella misura che abbiamo indicato.



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