Vendereste una compagnia aerea usata a EasyJet? Anche no. La Repubblica Italiana è a un bivio: credere ancora un poco in Alitalia, la compagnia aerea più pazza del mondo, più volte fallita e sempre risorta grazie a qualche finanziatore più o meno insipiente, e oggi – sotto commissariamento – incredibilmente meglio gestita che mai; oppure non crederci più e svenderla a pezzi, come un rottame, a due compagnie in salute, una “tradizionale” come Lufthansa e, peggio ancora, una low-cost come EasyJet, entrambe interessate non già ad acquisirla tutta e a tentare di procedere nel rilancio in corso, ma a smembrarla e utilizzarne soltanto le parti più complementari con la propria struttura.
Che queste fossero le due direzioni opposte del bivio al quale si trova Alitalia era chiaro da tempo, da ieri lo è ancora di più, dopo che anche EasyJet, una delle compagnie low-cost più efficienti del mondo, si è formalmente detta interessata ad acquistare “alcune parti” di Alitalia. Lo ha detto – riporta l’Ansa – l’amministratore delegato della compagnia britannica, Johan Lundgren, aggiungendo che le “trattative con i commissari” di Alitalia “sono in corso”. EasyJet, come Lufthansa, sarebbe interessata alla parte volo di Alitalia. La low cost britannica, secondo indiscrezioni di stampa, dovrebbe fare coppia con Air France nella sua offerta per l’ex compagnia di bandiera. Su questo punto però EasyJet non rilascia commenti. “Su questa vicenda si specula tanto, in un modo estremamente creativo, per cui non siamo in grado di commentare le speculazioni dei media”, ha detto il direttore EasyJet per l’Italia, Frances Ouseley.
Anche Wizz Air, un’altra più piccola low-cost, ha ribadito il suo interesse, di tipologia analoga: “Alitalia ci interessa, ma solo per ciò che riguarda il breve e il medio raggio”. Lo afferma aerea low cost Wizz Air, in un’intervista a Repubblica. “Siamo interessati al vostro Paese e al dossier Alitalia -ha detto Jozsef Varadi, amministratore delegato della compagnia – Quel che posso dire è che però non rientra nelle nostre strategie operare sul lungo raggio”.
Però attenzione. Da quando tre commissari – Gubitosi, Laghi e Paleari – hanno ricevuto dal ministero per lo Sviluppo economico la “patata bollente” della gestione straordinaria di Alitalia, si sono messi a gestirla come “il buon padre di famiglia”, hanno incrementato i ricavi nel 2017 di circa l’1,5%, in linea con la crescita del Pil italiano, ma soprattutto hanno contenuto il consumo di cassa a meno di 50 milioni, tanto che dei 900 ricevuti in prestito dallo Stato ne hanno conservati intatti in cassaforte appunto 850 milioni. Come dire: ci siamo quasi. Quel differenziale che tingerà ancora di rosso probabilmente l’esercizio 2017 della compagnia è più che comprensibile, se si considera che nasce in seno a un’azienda cui il mercato guarda come a un soggetto transitorio, destinato a non durare nel tempo, e quindi incapace di assumere impegni a lungo termine, spuntando ad esempio grazie a questo condizioni economiche vantaggiose nei contratti di fornitura.
A fine novembre, Gubitosi – che dei tre commissari funge da amministratore delegato – ha fatto sapere che “le maggiori soddisfazioni, spiega, sono arrivate soprattutto sul lungo raggio”, quello che interessa meno agli stranieri, mentre i voli domestici hanno sofferto ancora. E il quadro dovrebbe migliorare nell’estate 2018, quando Alitalia conta su una crescita del 6% dei voli effettuati “con lo stesso numero di aerei grazie a una maggiore produttività”.
Per questo sarebbe bello se per il futuro di Alitalia spuntasse un compratore disposto, e determinato, a comprarsela tutta. Intera. Per svilupparla “stand alone”, salvo poi magari un domani accasarla in qualche partnership, ma non con l’atteggiamento di chi mendica, col cappello in mano, un salvataggio da parte di “cavaliere bianco”.
E un compratore con queste caratteristiche c’è: si chiama Cerberus, ed è un grande fondo americano di private equity, che proprio in questi giorni si starebbe muovendo per fare uno scoop e dotare la propria branch italiana di un capo “locale” di assoluto prestigio: si vedrà chi. Gubitosi e i suoi colleghi non fanno il tifo per nessuno, ma ricordano – giustamente – che “chiunque voglia investire in Alitalia, investe in Italia, un Paese con grande attività in termini di traffico e movimento”. Quel che invece i commissari hanno chiarito è che “avere la possibilità di essere solidi, stabili e forti ci permette di non chiudere in fretta, il che non vuol dire che non chiuderemo il prima possibile. Abbiamo il lusso di poter scegliere l’offerta migliore”. Sante parole.