Dopo le parole di Pierre Moscovici sulle elezioni in Italia e gli avvertimenti del Fondo monetario internazionale sui rischi di fermare le riforme nel nostro Paese, anche il Segretario generale dell’Ocse, da Davos, ha detto all’Ansa che non bisogna fare marcia indietro sulle riforme. Angel Gurrìa ha in particolare evidenziato i meriti del Jobs Act, “una scommessa azzeccata che ha creato un milione di posti di lavoro”. E secondo Francesco Forte, economista ed ex ministro, c’è un filo rosso che unisce questi interventi.
Professore, cosa ne pensa delle parole del Segretario generale dell’Ocse?
Innanzitutto non bisogna dimenticare che l’Ocse è un’organizzazione di cui ha fatto parte Padoan (il quale ha guarda caso detto ai giornalisti italiani che all’Ecofin c’è preoccupazione per le elezioni del 4 marzo), che ha sede a Parigi e che quindi è collegata agli ambienti politici transalpini. E non si deve nemmeno scordare che in Italia ci sono forti interessi politico-economici francesi ed esiste una sorta di do ut des per cui fa comodo che restino al potere gli attuali interlocutori, così da non correre il rischio che possa arrivare qualcuno che vuole battere i pugni sul tavolo. Non è quindi nemmeno casuale il richiamo del Fmi, guidato dalla francese Christine Lagarde.
Dunque questi interventi rispondono a una strategia precisa della Francia?
C’è una sorta di rinascita del nazionalismo francese, Macron sta facendo una politica gollista e vuol porsi come leader dell’Europa. Questi suggerimenti, questi avvertimenti hanno una contaminazione politica, perché a Parigi fa comodo avere gli attuali interlocutori che ha in Italia. Del resto non bisogna dimenticare gli errori commessi dal Fmi: la Grecia ne è un esempio lampante. O che l’Ocse sostiene la tassazione patrimoniale, in particolare degli immobili, contro ogni evidenza econometrica. E che è stata l’Ocse a suggerire l’Imu a Monti e quell’imposta ha fatto crollare la nostra economia.
Quindi anche adesso si sta dicendo qualcosa di sbagliato a proposito delle riforme dell’Italia?
È evidente. L’unica riforma fatta è quella del mercato del lavoro, non a caso citata da Gurrìa. Ebbene, si tratta di una riforma completamente opposta a quella fatta dalla Germania e che la Germania stessa ha imposto/suggerito alla Spagna. Non ha liberalizzato il mercato del lavoro, ma lo ha ingessato. La prova del fatto che è una riforma fallita è che una volta finiti gli incentivi non ci sono state nuove assunzioni con il contratto a tutele crescenti, ma sono solo aumentate quelle a termine.
Professore, immagino che in questo disegno rientrerebbe anche l’intervento di settimana scorsa di Pierre Moscovici. Ma qual è l’obiettivo francese?
Quello principale è sostituire la Germania nella leadership europea, in modo da risolvere due problemi. Il primo è che la Francia ha difficoltà, al contrario di Germania e Italia, nel commercio estero. C’è quindi un problema di nazionalismo industriale cui si cerca di supplire con shopping di imprese straniere. Parigi ha poi un’enorme struttura finanziaria nelle assicurazioni e nelle banche che cerca di espandere ulteriormente. Il secondo problema è storico e si potrebbe definire un dramma analogo a quello passato dal Regno Unito quando ha perso l’Impero. Una volta la diplomazia, il mondo politico, anche la letteratura erano legati alla Francia. Adesso questa egemonia non c’è più. Dunque la Francia cerca di espandere l’economia per rafforzarla e di avere un potere in Europa. Anche per derogare alle regole, come quella sul deficit.
Un obiettivo che trova quindi terreno fertile in Italia in iniziative come quella sul Trattato del Quirinale come già ci aveva spiegato…
Macron sta approfittando del fatto che la Germania ha un periodo di difficoltà politica. Anche perché Berlino non fa una politica estera vera e propria, ma una politica europea di bilancio. L’Italia si è quindi schiacciata sulla Francia, in cerca di sconti. E Macron ha colto la palla al balzo. Dunque è meglio per lui che resti al potere chi già c’è.
(Lorenzo Torrisi)