Era il 2015 quando Intercept, come parte della più ampia campagna di diffusione dei documenti della Nsa orchestrata da WikiLeaks, rese noto come le forze speciali israeliane nel 2008 uccisero in un’operazione sotto copertura un generale e primario consigliere del presidente Assad, mentre si trovava con la famiglia a Tartus, sulla costa siriana. L’azione coinvolse un commando della marina e cecchini che colpirono il generale Muhammad Suleiman all’interno della sua casa al mare in maniera chirurgica: due colpi, uno in testa e uno al collo. Israele lo considerava il responsabile del coordinamento per la fornitura di armi tra l’Iran ed Hezbollah, oltre al supervisore della nascente attività nucleare siriana presso la stazione di Al Kibar, bombardata da jet israeliani prima dell’azione letale. 



Non basta. Sei mesi prima, un funzionario di massimo livello di Hezbollah fu ucciso nel corso di un’operazione congiunta Cia-Mossad nel pieno centro di Damasco: stando alla testimonianza resa al riguardo al Washington Post da membri dei servizi che presero parte all’operazione, fu un’autobomba piazzata davanti a un ristorante del centro città a uccidere Imad Mughniyah, responsabile per le operazioni internazionali del gruppo libanese filo-iraniano, ritenuto la mente di alcune azioni che presero di mira obiettivi americani in Medio Oriente. Sembrano trame di spy-stories di Hollywood, sono la realtà. Recente. 



Direte voi, cosa c’era tutto questo con quanto sta accadendo? Semplice, molti media israeliani ieri – tra cui Times of Israel – davano ampia copertura a una notizia in base alla quale gli Stati Uniti avrebbero dato luce verde ai servizi israeliani per l’omicidio di nientemeno che il capo delle Guardie rivoluzionarie iraniane, i famosi pasdaran, dall’altro giorno responsabili unici della gestione della sicurezza e dell’ordine nel Paese alle prese con le rivolte popolari contro il carovita e per i “diritti”, declinazione da primavera araba buona per ogni stagione. Si tratta del generale Qassem Soleimani, già finito nel mirino dei servizi israeliani tre anni fa, ma “salvato” dalla volontà di Obama di arrivare alla firma dell’accordo sul programma nucleare iraniano. 



Un bel passo in avanti nella strategia: ora, operazioni che normalmente vengono a galla dopo anni grazie a confessioni o fughe di notizie, appaiono sui giornali prima di essere compiute. Quantomeno ambiguo. E che strano, poi, quanto dichiarato solo lunedì dal capo del Pentagono, generale James Mattis, a detta del quale «la guerra in Siria e Iraq non è affatto finita. Stiamo assistendo alla nascita di un Isis 2.0 nelle zone dove stiamo cercando di eradicarlo». Il tutto a pochi giorni dalle dichiarazioni in netto senso contrario da parte di Vladimir Putin, il quale ha addirittura sancito in tal senso il ritorno in patria delle truppe e del governo di Baghdad: perché? Lo so, sui giornali e nei telegiornali non parlano di queste cose: si limitano a dare conto del numero dei morti, dei tweet di Donald Trump o di Bibi Netanyahu in sostegno dei manifestanti o delle classiche foto iconiche della protesta, ad esempio la ragazza che si toglie il velo e viene arrestata. 

Di più, a fronte della narrativa di un regime spietato nelle repressioni, vediamo un Rohani che apre alle proteste, ancorché rimangano in ambito pacifico e i pasdaran che limitano – e di molto – il loro potenziale repressivo, lasciando addirittura i rivoltosi assaltare banche e occupare palazzi. Quale palcoscenico è stato montato in Iran, nell’arco di poche ore e a fronte di un accordo lampo per il contenimento dell’espansionismo iraniano da parte di Usa e Israele firmato soltanto giovedì della scorsa settimana? Questa cartina ci mostra l’inusuale sviluppo a macchia di leopardo della protesta, di fatto senza leader riconosciuti, né programma politico che non sia l’inflazione e il raddoppio del prezzo delle uova: davvero siamo di fronte a spontaneismo? Davvero siamo di fronte a una nuova ondata di protesta e malcontento popolare per le condizioni di vita, una seconda “onda verde” dopo quella del 2009? 

Vi pare normale una così smaccata e palese interferenza internazionale negli affari esteri di uno Stato sovrano, proprio in tempi in cui questo argomento viene usato “a strascico” per attaccare la Russia per ogni propria scelta strategica? Non a caso Mosca ha denunciato quanto sta accadendo, mentre le autorità di Teheran parlano di agenti stranieri come sobillatori delle rivolte: tutto troppo alla luce del sole, però. Tutto troppo palese per un qualcosa che ha il crisma della strategicità geopolitica assoluta: non vi pare quantomeno discordante l’atteggiamento americano nei confronti dei due grandi nemici, ovvero proprio Iran e Corea del Nord? La quale è tornata in perfetta contemporanea a minacciare l’opzione nucleare, ma, al tempo stesso, chiedendo una riapertura del dialogo con Seul e avanzando l’ipotesi di invio di una delegazione ai Giochi invernali proprio in Corea del Sud come atto di buona volontà: i grandi player sono impazziti, è un’enorme sciarada quella in atto? 

Vi invito a riflettere, perché i grandi media stanno trattando la questione iraniana con la solita narrativa da primavera araba, quasi non ci si rendesse conto che ci troviamo di fronte a un evento potenzialmente destabilizzante. Oggi in Iran è previsto uno sciopero generale a livello nazionale e quella rappresentata nel grafico qui sotto è stata la reazione del prezzo del petrolio, nonostante l’altrettanto miracolosa riparazione dei guasti incorsi alla pipeline petrolifera libica di Es Sider, colpita dai “terroristi” dell’Isis – gli stessi che il generale Mattis vede potenzialmente in azione in versione 2.0 – solo il 26 dicembre scorso: produzione già ripartita, come nulla fosse. 

E l’Europa? Subito accodatasi al verbo d’Oltreceano, ancorché per ora limitato alla richiesta di rispetto verso le proteste: pronti alle sanzioni che devasteranno molte nostre imprese che stanno collaborando e lavorando con l’Iran, dopo mesi di trattative e lucrosi contratti siglati? D’altronde, Trump ha già detto che queste colpiranno i pasdaran e non il popolo in lotta, al cui fianco Washington si è schierata da subito. Vi pare tutto normale? Attenti a cosa vogliamo che accada a Teheran, potremmo ottenerlo. E poi piangere lacrime amare.