Nel giugno del 2014 un gruppo di accademici, imprenditori e giornalisti (non ve ne scappate, abbiate la pazienza di seguire) accettò l’invito del Denaro e della Fondazione Matching Energies di vedersi a Ischia in un lungo fine settimana per confrontarsi e riassumere in un documento le loro idee su come favorire la crescita del Paese e del Mezzogiorno. Ne venne fuori un Manifesto che battezzammo delle 3E perché concordammo sul fatto che solo agendo insieme sui tasti dell’Economia, dell’Etica e dell’Estetica si sarebbe potuto creare quel poco di energia vitale utile a venir fuori da una crisi che al tempo sembrava non dovesse finire mai. Tre sfere da far muovere all’unisono per uscire dallo stallo e dalla rassegnazione.



All’incontro parteciparono una quarantina di persone sotto il coordinamento di quattro amici autorevoli come Domenico De Masi, Luigi Nicolais, Dominick Salvatore e Paolo Savona. Il documento fu poi sottoscritto e condiviso da un paio di centinaia di lettori che hanno continuato a seguire nel tempo i convegni e i seminari che ne scaturirono.



All’inizio di un anno che appare critico per le sorti dell’Italia – continueremo a crescere? ci fermeremo? torneremo indietro? – vale la pena di rispolverare quei principi e quei suggerimenti se non altro come cornice dentro la quale collocare le azioni concrete da sviluppare per raggiungere l’obiettivo condiviso di alimentare il benessere di imprese e famiglie.

Sul fronte dell’Economia, il Manifesto suggerisce di agire sulle due leve delle esportazioni e delle costruzioni. Nel primo caso le politiche dei governi che si sono succeduti hanno fornito un contributo importante. Nel secondo si è fatto assai poco e, anzi, la normativa che avrebbe dovuto rilanciare il settore – il codice degli appalti – ha funzionato tragicamente da freno.



La dimensione Estetica funziona su di un doppio binario: attribuisce ai beni e ai servizi “un valore economico aggiuntivo rispetto a quello sostanziale” (ribadendo in pratica la forza del Made in Italy) e conferisce decoro “inteso come presa di coscienza del proprio valore e come difesa della propria identità”. Insomma, il bello e consapevole come guida sicura alle nostre scelte.

L’Etica gioca sul piano dei bisogni quantitativi di ricchezza e di potere e su quello dei bisogni qualitativi di amicizia, gioco e convivialità la cui soddisfazione non ha neanche ricadute di carattere venale. Qualità, prevedibilità e affidabilità “rappresentano il valore massimo del lavoro e dei suoi prodotti”. “Essere galantuomini torna ad essere un vantaggio competitivo”.

Per garantire il risultato atteso di una mobilità sociale basata su merito, qualità ed eguaglianza di opportunità e tutele – questo l’assunto – e attaccare con decisione il male della disoccupazione, soprattutto giovanile, che è alla base della maggiore insoddisfazione sociale, occorre avere l’abilità di non dimenticare nessun passaggio perché l’uno è funzionale all’altro.

Distillata per Napoli, ma valida per l’intero territorio nazionale, la raccomandazione finale invitava a guardarsi da quindici difetti capitali: pressappochismo, infantilismo, incompetenza, arroganza, familismo, clientelismo, rozzezza, trasformismo, provincialismo, disfattismo, sospetto, dietrologia, irriconoscenza, individualismo, rassegnazione.