Molta confusione in settimana intorno a un Documento di economia e finanza di cui si conoscono solo alcuni contenuti mentre altri restano coperti. E in assenza di un quadro completo i giudizi necessariamente variano a seconda di dove cade lo sguardo: sul pezzo che c’è (reddito di cittadinanza, riforma della Fornero, accenno di flat tax) o su quello che manca (che potremmo riassumere in politiche per lo sviluppo).
I vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno forzato la mano al ministro dell’Economia Giovanni Tria riuscendo a fissare nel 2,4% il rapporto deficit/Pil del 2019 con questo prendendo un azzardo che ha preoccupato l’Europa e i mercati: lo spread è salito, la borsa è calata i commissari di Bruxelles hanno storto il naso. La manovra si presenta difficile e sono in pochi a scommettere sulla sua buona riuscita.
Ed è certo che se i provvedimenti enunciati restassero i soli a comporre l’azione di governo l’esito non potrebbe essere altro che quello paventato da quasi tutti gli osservatori: un’impennata del costo del denaro, delle tasse e della disoccupazione e cioè l’esatto contrario di quello che il Governo giallo-verde si prefigge. Invece che rendere più piacevole la vita degli italiani gliela renderebbero assai più dura.
Se, invece, la manovra dovesse incorporare le misure per la crescita più volte annunciate – ma che tardano a essere specificate – la partita si potrebbe ancora giocare, anche se la vittoria sarà comunque dura da ottenere. Al di là della capacità dei gestori del cambiamento, orientati a politiche più distributive che produttive, bisognerà invocare la classica buona dose di fortuna. E chissà che l’audacia non sia premiata.
Il Centro studi di Confindustria ha presentato il suo rapporto d’autunno cercando di spiegare dove va l’economia italiana in un contesto dominato dall’incertezza. E non è stato tenero con i rischi che si possono correre se i provvedimenti già definiti – di natura assistenziale – dovessero occupare la scena intera facendo lievitare il debito che è già molto alto e che rappresenta il vero macigno al collo del Paese.
Dunque, ha avanzato quattro raccomandazioni che dovrebbero almeno in parte riequilibrare la barca nazionale per evitare che si capovolga: potenziare le misure a vantaggio delle imprese, mettere in cantiere un grande piano per infrastrutture grandi medie e piccole, avviare una riforma del fisco che premi preferenzialmente aziende e famiglie, procedere con coraggio alla revisione della spesa e al taglio di quella inutile.
Ora, il successo o meno della ricetta giallo-verde dipende in buona sostanza da quali effetti avranno sull’economia reale i due pacchetti di azioni e dalle conseguenze della loro inevitabile interrelazione. Se la bilancia dovesse pendere dalla parte dell’assistenza ci saranno seri motivi per preoccuparsi. Se dovesse invece prevalere il piatto della crescita, allora potremo coltivare la speranza di farla franca. In tutti i casi, prepariamoci alle montagne russe.