“L’Italia è fondatore Ue e contributore netto: forte di questa posizione andiamo a Bruxelles con una manovra economica di cui siamo orgogliosi e su cui vogliamo dialogare senza pregiudizi. L’austerity è non è più percorribile”. Queste le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al Senato il giorno dopo l’approvazione del Documento programmatico di bilancio trasmesso a Bruxelles. Con la manovra, dunque, il Governo vuole dare un segnale forte di cambiamento. Obiettivo raggiunto? Non per Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze: «Mi sembra che si intraprenda una strada simile a quella percorsa dal centrosinistra negli ultimi anni, con la stessa ideologia vetero-keynesiana, per cui puntando sulla domanda di consumo si fa crescere l’economia e si crea occupazione mediante i pensionamenti anticipati». 



Dunque lei non ci vede nulla di nuovo?

Sono operazioni che sono già state fatte nel passato, è il vecchio che avanza. I pensionamenti anticipati, per esempio, li aveva già fatti la Dc, ai tempi di Andreotti, insieme al Pci. Il reddito di cittadinanza, di fatto, è una riproposizione dei lavori socialmente utili e di altri sussidi per i disoccupati che sono sempre esistiti all’interno del sistema assistenzialistico-meridionalistico degli scorsi decenni.



C’è qualcosa che le piace invece nella manovra?

Io salverei il condono fiscale, chiamiamolo nel giusto modo. Non si può parlare, per esempio, di ravvedimento operoso con riferimento a un’evasione già compiuta dopo la dichiarazione dei redditi: non ha alcun senso. 

Si tratta della misura su cui è stato più difficile raggiungere un accordo all’interno del Governo.

È stato osteggiato da chi pratica il moralismo per quanto riguarda i tributi e il lassismo sulle spese. Se si stabilisce che il reddito di cittadinanza viene erogato anche prima che i Centri per l’impiego siano messi in condizione di funzionare come dovrebbero non si sprecano forse risorse? 



Sì, ma anche quella del condono fiscale è una ricetta vecchia del passato

Abbiamo un fisco iniquo e oppressivo. In attesa di una riduzione delle imposte, tramite per esempio la flat tax, di un fisco meno “autoritario”, con riferimento a studi di settore e altri meccanismi di determinazione delle imposte da pagare, occorre porre rimedio con dei condoni, che riescono anche a far emergere del nero che diversamente non si riuscirebbe a recuperare. Oggi per una distrazione, una dimenticanza o la difficoltà di interpretare le leggi, nonostante l’assistenza di un professionista, ci si può trovare con l’auto sequestrata senza nemmeno essere avvisati. 

Quale ritiene sia invece l’occasione persa da questa manovra? Cosa ci sarebbe dovuto essere e non c’è?

Oltre a maggiori investimenti, specie in infrastrutture al Sud, sarebbe stata necessaria una flat tax più rilevante rispetto a quella che è stata fatta. Sarebbe stato innovativo e positivo introdurre la flat tax per i contratti di lavoro aziendali di produttività (di cui vi ho già parlato), che avrebbe portato dei vantaggi per le imprese e per i lavoratori. Si tratta di una misura in grado di contrastare sia le delocalizzazioni delle imprese che la fuga dei cervelli. Una misura che potrebbe creare lavoro.

(Lorenzo Torrisi)