“L’Italia ha bisogno di un’agenda per la crescita. Solo se c’è sviluppo crescono l’occupazione, i redditi, il benessere collettivo, la competitività esterna del sistema-Paese. E l’asset strategico dell’Azienda-Italia è oggi più che mai la manifattura, l’industria. Qualsiasi governo deve sentire la responsabilità di sostenere il vero motore del Pil”. Nelle ore in cui la manovra è stata messa nero su bianco dal Consiglio dei ministri, Massimo Carboniero, presidente dell’Ucimu, parlava a Cuoa, la business school del Nordest. Ha spiegato ancora una volta quale strategia-Paese c’è dietro Industria 4.0, come e perché il piano nazionale ha già mostrato di funzionare e soprattutto perché il mondo delle imprese chiede una “fase due” di incentivi orientati alla formazione per la manifattura digitale. Incentivi che invece nella manovra non ci sono, mentre l’iper-ammortamento è stato ridimensionato ed è stato depennato anche il rinnovo delle agevolazioni creditizie “Nuova Sabatini”.



“La digitalizzazione produttiva, anche grazie alle agevolazioni, ha creato subito nuovo Pil — sottolinea Carboniero parlando con ilsussidiario.net — e questo è avvenuto perché aziende italiane di ogni settore hanno acquistato da altre aziende italiane macchine utensili evolute e sistemi manifatturieri innovativi. Il parco-macchine è stato svecchiato, allontanandolo dalla soglia dei 15 anni, ormai incompatibile con gli standard tecnologici della concorrenza globale. E poi, contro ogni tesi contraria, Industria 4.0 non ha distrutto posti di lavoro, ma ne sta creando. Certamente sono jobs che richiedono livelli formativi più alti e focalizzati: sono posti per periti industriali, ingegneri, diplomati dei nuovi Its. Una parte importante del dramma della disoccupazione giovanile italiana sta qui: è ancora sopra il 30% mentre le imprese non trovano migliaia di addetti alla produzione 4.0. E’ per questo che abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere “Formazione 4.0”. La manifattura italiana vuol legittimamente continuare a correre in formula 1: non può avere costruttori, piloti e meccanici abituati a vecchie utilitarie. E il governo commette un grosso errore se non comprende che non si tratta affatto di “dare agli industriali la loro parte del bilancio pubblico”, ma di combattere assieme una sfida che, in caso di vittoria, è win-win per tutti nel Paese.



Una manovra insufficientemente orientata alla crescita ha dato molto spazio al “reddito di cittadinanza”.

Su questo ho una linea chiara, non da oggi: se c’è un problema di disagio sociale — e oggi c’è, più evidente che in passato — il governo deve fronteggiarlo, ha la responsabilità di assistere un padre di famiglia che ha perso il lavoro. Ma è profondamente sbagliato confondere questi interventi con quelli finalizzati a dare education e lavoro ai giovani. Perché i giovani — cioè il Paese del futuro — hanno bisogno di questo: non di assistenza. E il futuro dei giovani italiani non si può pensare a prescindere dal futuro delle imprese italiane. Nella mia azienda ogni anno ospito alcuni ragazzi delle scuole medie: è a quell’età che un giovane comincia a maturare i suoi interessi per il domani. E’ a quell’età che un futuro tecnico della produzione, un futuro progettista, un futuro imprenditore può e deve cominciare un percorso che fonde inevitabilmente impegno e realizzazione, grandi opportunità e duro studio o lavoro quotidiano.



Le imprese associate ad Ucimu chiedevano la conferma degli incentivi di Industria 4.0. Siete delusi?

L’Ucimu, ci tengo a sottolinearlo ancora, ha sempre posto come priorità lo sviluppo di Industria 4.0, anzitutto in direzione dei crediti formativi, di un pacchetto di incentivi che potesse coinvolgere tutti i partecipanti al processo: imprese, giovani in formazione, formatori. Registriamo che questa ripresa, almeno nella versione di partenza della manovra, è stata ignorata.

Il superammortamento è stato abolito, l’iperammortamento — cioè lo stimolo più ambizioso per la “svolta 4.0” nel manufacturing italiano — è stato ridotto dal 240 al 175 per cento.

Il problema non è un’aliquota piuttosto che un’altra. Il punto è se il governo e in senso lato il sistema-Paese credono o no in Industria 4.0. Ho trascorso l’ultima settimana al 31esimo Bi-Mu, a Fieramilano: la mia azienda è stata uno dei 1.056 espositori, una delle cifre-record di una manifestazione che rimane uno dei veri biglietti da visita globali dell’Azienda-Italia. Al Bi-Mu abbiamo rifatto il punto della situazione del settore: a fine anno la produzione di macchine utensili in Italia crescerà del 9,6% fino a 6,6 miliardi, il consumo interno del 13,6% (con un raddoppio rispetto a quattro anni fa) e anche l’export è in ulteriore progresso. Abbiamo rimarginato le ferite profonde della recessione seguita alla crisi finanziaria, stiamo costruendo nuove posizioni strategiche in mercati come quello cinese. Sarebbe fuori luogo, in questa cornice, immaginare un incremento dell’iper-ammortamento anziché una sua diminuzione? Era stato pure ipotizzato un aumento dell’aliquota per gli investimenti di minore entità, così da favorire le Pmi. Le piccole e medie aziende, dati alla mano, sono infatti quelle che meno hanno investito in Industria 4.0. Per questo non capisco come mai non sia stata al momento considerata in manovra la Nuova Legge Sabatini.

Insisterete a chiedere il rinnovo della “Nuova Sabatini”?

Non è certo un bel segnale che il governo, alla sua manovra d’esordio, rinunci a uno strumento di incentivo all’investimento molto collaudato, molto funzionale, molto conosciuto dalle imprese.

Dalla manovra erano attese indicazioni forti di riduzione del carico fiscale per le imprese, in chiave di stimolo alla ripresa. Si è visto poco o nulla: è d’accordo?

L’impatto della riduzione Ires dal 24 al 15 per cento è ancora in fase di valutazione approfondita da parte degli esperti. Sicuramente non abbiamo visto attenzione per quella che la comunità degli imprenditori industriali giudica la misura di alleggerimento fiscale più efficace: la riduzione o cancellazione del “cuneo fiscale”. E voglio sottolineare che i principali beneficiari dell’alleggerimento sarebbero i nostri dipendenti.