La notizia più importante è che il governo Lega-M5s ha accolto il progetto delle Zes (Zone economiche speciali) che hanno aperto una fase competitiva reale dei porti del sud Italia con le grandi aree della logistica integrata del nord Europa. La possibilità di favorire con investimenti ad hoc la realizzazione di siti produttivi e di trasformazione ubicati nelle aree retroportuali (con la concessione di finanziamenti e semplificazioni amministrative) è stata accolta dal vicepremier Di Maio, che ha completato le nomine degli organi di gestione delle Zes già pronte, come quella in Campania il cui comitato si è riunito venerdì per la prima volta.



Tanto la struttura normativa delle Zes ha convinto gli esponenti del nuovo governo che hanno pensato di estendere, seppur parzialmente, i medesimi benefici al Porto di Genova (escluso con un voto dal precedente Parlamento) dopo il disastro del ponte Morandi, inserendo ex lege l’area retroportuale ligure tra quelle a cui applicare le medesime semplificazioni.



Molta parte del lavoro sulle Zes è stata condotta dalle Regioni che hanno intercettato la disponibilità delle Autorità di sistema portuale coinvolte, a cui spetta di diritto la presidenza. La Campania è stata la prima a definire il quadro normativo e di governance ed ha già avviato con successo la collaborazione istituzionale necessaria ai prodromici adempimenti per la semplificazione amministrativa, i cui esiti dovranno trovare collocazione in un provvedimento amministrativo ad hoc che il Governo dovrebbe redigere ed emanare.

La seconda notizia è meno edificante. Proprio mentre la portualità torna ad essere centrale per lo sviluppo del Mezzogiorno come base logistica e produttiva aprendosi ai traffici di Suez e del Nord Africa, riemergono vecchie resistenze al nuovo subito abbracciate dai locali parlamentari dei 5 Stelle, come dimostra la critica del rappresentate degli armatori locali di Napoli in occasione del progetto di rifacimento della zona di attracco dei trasporti locali, il mitico Molo Beverello, a cui milioni di turisti accedono annualmente per raggiungere le isole del Golfo.



Colpisce che i rigurgiti di una visione localistica e “benaltrista” che, come una magica pozione chiede di “pietrificare” quel che si è fatto e propone di tornare all’antico, provengano proprio dalla categoria che dovrebbe trarre i maggiori benefici da una nuova strategia di sviluppo dei porti. Infatti, a fronte di una riforma della portualità oggi pienamente attuata e che sancisce il principio che i vettori sono fruitori di un servizio predisposto da autorità indipendenti, sono proprio i localismi politici, le forze nostalgiche della cogestione ante riforma (spesso viziata da interessi particulari) che rischiano di rallentare il processo di rilancio della portualità.

Eppure ci si domanda come è possibile che dopo i 1200 giorni di commissariamento della precedente Autorità portuale e dopo pochi anni di lavoro del nuovo presidente, accada che vi sia una polemica così aspra su di un tema di immagine ma comunque minore rispetto al grande progetto per la portualità del Mezzogiorno.

Al contrario questo contesto di rilancio della strategia della portualità italiana e di valorizzazione degli scali del Mezzogiorno abbisogna di un’imponente opera di ammodernamento ed adeguamento infrastrutturale della aree portuali e retroportuali che, grazie ad una prospettiva di un’offerta insediativa produttiva di medio lungo termine rivolte a grandi imprese, dovrà adeguare le proprie infrastrutture non più in un estemporaneo ed incerto quadro di sviluppo, ma avendo come obiettivo la piena realizzazione degli obiettivi di crescita che diversi centri di ricerca indipendenti (Svimez e Srm) stimano davvero importanti.

Di fronte a queste enormi opportunità al Mezzogiorno servirebbe, in realtà, che si attuino le decisioni e che si faccia presto e bene quel che si progetta. Bisogna offrire soluzioni che evitino di riaprire nella prima città del Mezzogiorno una discussione inconcludente, del “perché proprio lì” o del “sì, però ma anche”, una spirale di argomenti viziosi che hanno prodotto nell’ordine: l’immobilismo su Bagnoli, il disastro dei rifiuti e l’ingessatura sulla visione urbanistica della città.

E proprio contro questa deriva appare necessario invitare le istituzioni coinvolte nei processi decisionali a tutti i livelli a proseguire nelle scelte fatte e dare seguito ai progetti avviati, in modo che la gestione della portualità e della logistica integrata del Mezzogiorno inaugurino la fase del “fare le cose” che parta dalla considerazione che non bisogna temere di scontentare qualcuno se si è convinti di fare la cosa giusta.