Non ci mancheranno, ma l’addio alle monetine da 1 e 2 centesimi di euro non sarà indolore. Usciranno di produzione a partire dall’anno prossimo, quando bisognerà arrotondare i prezzi al multiplo di 5 centesimi più vicino, per eccesso o per difetto. Chi ha vissuto il passaggio dalla lira all’euro sa bene che non sono proprio “noccioline”. Le proporzioni sono meno rilevanti in questo caso, eppure vengono lanciati i primi allarmi. Secondo Vincenzo Donvito, presidente dell’Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori), l’arrotondamento per eccesso nel commercio al dettaglio potrebbe generare più rischi. «Se nel 2016 le famiglie italiane hanno speso quasi 11 miliardi e mezzo di euro per la spesa alimentare complessiva, partendo da un aumento medio dei prezzi dello 0,2% causato da un arrotondamento per eccesso, si scopre che quella stessa spesa potrebbe aumentare di circa 23 milioni all’anno». Una somma che equivale al risparmio ottenuto dallo Stato non coniando le monete di 1 e 2 centesimi. E allora sorge l’interrogativo: vale la pena smettere di produrle?
STATO RISPARMIA, MA ITALIANI TEMONO ARROTONDAMENTI
L’uso della moneta elettronica permette al consumatore di pagare precisamente, dribblando così il rischio di arrotondamenti scorretti. Ma in Italia le transazioni avvengono per lo più in contanti. Questa resistenza all’innovazione finanziaria e digitale rischia di diventare un ostacolo per un salto di qualità anche in termini di trasparenza e tutela del consumatore. Una cosa è certa: dal 1° gennaio 2019 la Zecca dello Stato non conierà più i tagli minori, che continueranno a circolare fino al loro esaurimento, quindi manterranno fino a tale momento il loro valore legale. La decisione è legata all’eccessivo costo di produzione, gestione e distribuzione delle monete di 1 e 2 centesimi. La decisione è arrivata con l’emendamento legato alla Legge Finanziaria dello scorso anno, cioè la 96/2017. Per ora si tratta solo di una sospensione. Secondo il Poligrafico e la Zecca dello Stato, ogni anno sono stati spesi circa 10 milioni di euro (iva esclusa) per coniare circa 350 milioni di queste monetine.