“Le difficoltà del sistema bancario italiano non dipendono da un’azione di vigilanza lenta o disattenta, ma dalla peggiore crisi economica nella storia della nostra nazione. Gli interventi di vigilanza sono stati continui e pressanti, hanno individuato le situazioni più problematiche, contribuito a risolvere numerosi casi di dissesto. Dato il profondo deterioramento del sistema produttivo i gravi episodi di mala gestio hanno contribuito a far degenerare la situazione, già difficile, di singole banche”. Sono cinque righe a pagina 88 di Anni difficili, libro del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, da pochi giorni in libreria.

Per la verità non è un passaggio originale: è ricopiato o quasi dall’audizione di Visco alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie, nel dicembre scorso. E non è per nulla escluso che il governatore sia ricorso al repetitum guardando all’eventualità — non improbabile — che un’analoga commissione d’inchiesta venga riconvocata dal Parlamento giallo-verde. Comunque si dipaneranno le prossime puntate — di sabato è la notizia del rinvio a giudizio di Gianni Zonin per il crack Popolare di Vicenza — è difficile che un paragrafo sia sufficiente al numero uno di Via Nazionale per difendere definitivamente l’operato della Vigilanza negli “anni difficili” iniziati per l’Italia prima del 2008 e non ancora finiti.

Un governatore entrato in carica proprio nel drammatico autunno 2011 riprova a trattare da “fattore esogeno” la recessione innescata dalle misure di austerità imposte dal governo di Mario Monti, ma di fatto prescritte all’Italia dal predecessore diretto, Mario Draghi, chiamato alla Bce. Resta chiaramente un Visco in trincea: rinfrancato dalla riconferma faticosamente ottenuta alla fine della scorsa legislatura, ma ben consapevole che la “congiunzione” di allora (Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, Sergio Mattarella al Quirinale e Draghi a Francoforte) non lo protegge già più oggi e lo proteggerà sempre meno nell’ultimo anno di mandato di Draghi all’Eurotower.

Quasi paradossalmente, è già quasi più probabile che sia Visco a dover mantenere alto e solido il muro istituzionale attorno a Draghi: meno popolare che in passato in Italia e prevedibile bersaglio dei giochi di potere che entreranno nel vivo in primavera a cavallo delle elezioni europee. E anche in caso di nuova commissione d’inchiesta bancaria, il nome di Draghi difficilmente sarà meno al centro del dibattito di quello di Visco, anche sul fronte Vigilanza, anzi: la vera linea di difesa del governatore in carica è essere stato del tutto estraneo alla supervisione bancaria quando questa era nazionale e i grandi dissesti cominciarono a maturare (da Mps alle Popolari).

Il 2019 non sarà una passeggiata per Bankitalia e per i suoi vertici. E ci vorrà più di un libro per arrivare in fondo.