Chi di Porta a porta ferisce, di Porta a porta perisce. E l’Italia può tirare un – ancorché parziale – sospiro di sollievo. Mi scuserete, ma comincio veramente a essere stanco di dover seguire le baruffe goldoniane di Governo e istituzioni europee, quindi – salvo disastri inenarrabili – d’ora in poi ne parlerò il meno possibile. Ormai, infatti, siamo al ridicolo. Ma anche a un potenziale punto di svolta. L’esecutivo italiano pare intenzionato a morire sulle barricate di una manovra inutile e dannosa per tornaconto elettorale, confermato non più tardi del fine settimana dai risultati in Trentino-Alto Adige. Dal canto suo, la Commissione Ue è costretta a mostrare la faccia cattiva per non perdere quell’infinitesimale residuo di credibilità di cui gode e cercare, a sua volta, di innalzare la bandiera della responsabilità e del rigore, tratteggiando scenari apocalittici per l’eurozona in caso di avanzata dei sovranisti che abbia nell’Italia la sua avanguardia.



Al Governo e alla sua manovra, muovo due critiche. La prima, nel merito. In un Paese in cui la Guardia di Finanza ha certificato che 6 “poveri” su 10 tali in realtà non sono, garantire il reddito di cittadinanza pressoché a pioggia, senza alcun controllo reale (se vogliamo essere seri, in un Paese dove nemmeno si controllano i biglietti sul tram), è uno schiaffo in faccia a chi lavora. O magari si vede pagato quel lavoro una miseria o ancora saldato a 3-4 mesi. Secondo, se fai un condono, la smetti con le sedicenti rivoluzioni e i “cambiamenti” e dici chiaro e tondo che vuoi fare cassa: ma come la fai cassa, con le briciole che questo condono – così come è fatto – porterà allo Stato? Se sì fa, lo si fa come Dio comanda. E signori, per quanto i soloni del legalismo che brandiscono il codice penale come la Bibbia laica scomodino scenari da Gomorra, la pace fiscale verso quei piccoli imprenditori e artigiani strozzati da cartelle esattoriali e banche che non concedono credito è non solo giusta ma sacrosanta, anzi da ampliare. Semplicemente perché se non cresce l’economia, non puoi ripagare i debiti. Che tu sia un antennista o lo Stato verso chi compra i Btp. Semplice, se hai lavorato almeno un giorno in vita tua. Meno se sei il ministro del Lavoro ma come sia fatto il lavoro deve scoprirlo da un documentario di National Geographic.



E poi, va bene lo scontro frontale, ma evitiamo di prendere palesemente in giro la Commissione Ue, perché dire che quanto introitato con il condono servirà ad abbassare lo stock di debito – come ha fatto l’altra sera a Porta a porta il sottosegretario Giorgetti – equivale a fare una pernacchia in faccia a Moscovici e dire chiaro e tondo che qui si fa deficit per fini elettorali in ossequio al contratto di governo e che di vincoli e patti comunitari non interessa nulla, visto che per il loro perseguimento si stanzia l’argent de poche. Legittimo, poi però non si gridi al complotto di Bruxelles contro il nostro Paese. È guerra, dichiarata. E in guerra tutto è concesso, anche lo spread a comando.



C’è poi la questione di metodo. Perché non so voi, ma io odio essere preso per i fondelli, da chiunque. E sempre l’altra sera nel salotto televisivo di Bruno Vespa, sempre l’onorevole Giorgetti ha confermato ciò che già le carte dicevano chiaro: a fronte del deficit del 2,4%, il Governo stima infatti una crescita dell’1,6%. Totalmente irrealistica. Non fosse altro perché in manovra non c’è nulla che deponga a favore di un moltiplicatore serio e reale e che la stessa Germania ha abbassato le sue stime di Pil dal 2% all’1,8%, stando la congiuntura globale al ribasso e l’acuirsi delle tensioni commerciali. Quindi, l’Italia del reddito di cittadinanza per chi si gratta sul divano o, peggio, lavora già in nero, dovrebbe crescere più o meno al pari della Germania: poi spegnete la Playstation, però. E cosa accade, invece, se la crescita sarà inferiore, portando come conseguenza un’incidenza del deficit maggiore del 2,4% presentato e che si è giurato di non superare? Lo ha confermato l’onorevole Giorgetti: interverranno degli “automatismi” di tagli alle spese che non consentiranno al deficit di superare la linea Maginot comunicata all’Unione. E sapete cosa sono gli “automatismi”? Lo ha detto chiaro Giorgetti, sono tagli lineari, ovvero la mannaia indiscriminata sui servizi che lo Stato ci offre o dovrebbe garantirci. E questo sarebbe il Governo del cambiamento?

E non basta, perché consci che dovranno tagliare e consci altresì che il condono porterà la briciole, i nostri su cosa stanno già intervenendo per fare cassa emergenziale? Sigarette, 5G e giochi! Fumano solo i ricchi, a vostro avviso? Usano Internet solo i ricchi? Il gratta e vinci lo comprano solo i ricchi? Non è, di fatto, una patrimoniale diluita e diffusa, essendo beni di larghissimo (ancorché voluttuario) consumo? Non è, di fatto, un’alternativa politically correct (con la scusa della lotta a tabagismo e ludopatia) all’aumento dell’Iva che questo Governo si fregia di aver scongiurato, maledicendo le clausole di salvaguardia lasciate come eredità dal Pd? Svegliatevi, vi stanno non solo prendendo in giro, ma anche preannunciando una patrimoniale d’emergenza, con il loro continuo richiamo al grande patrimonio privato italiano: non a caso, citato chiaramente da Moody’s come “cuscinetto” potenziale contro le crisi di liquidità di banche e Stato. Signori, voi mi siete testimoni, quando ho cominciato a parlare di 1992 in salsa 2.0 all’orizzonte, ovvero di fase terminale della spogliazione della ricchezza dell’Italia? In tempi decisamente non sospetti.

La Commissione Ue, dal canto suo, ha poco da parlare. Primo, è terrorizzata dal voto di maggio. Secondo, ha basato la sua intera strategia di crescita nella legislatura che volge al termine proprio sul fantomatico “piano Juncker”, ovvero un enorme veicolo speciale di investimento totalmente a leva, di fatto un hedge fund guidato da ubriachi, il quale si è sostanziato in un fiasco clamoroso, oltre che in un oltraggio a qualsiasi intelligenza economica media. La tempesta perfetta, un simposio di incapaci. Strumentale a cosa? A questo, al fatto di far percepire all’opinione pubblica che la crisi in atto sia l’ennesima, dopo quella del 2011, crisi dei debiti sovrani e dei governi, quando invece è una crisi di liquidità e tutta finanziaria. Il motivo? Far pagare a voi il conto, come sempre.

L’indice europeo delle banche è al minimo da due anni e il grafico ci mostra come ormai l’andamento sia chiaro: la crisi in atto nel comparto strategico del credito è strutturale e sistemica, capitanata da quel colosso dai pieni d’argilla e dai bilanci zoppicanti di Deutsche Bank, crollata ieri al Dax dopo la presentazione della trimestrale. E vogliamo parlare dei prestiti allegri delle banche spagnole? Dei Btp in pancia a quelle francesi o belghe, le quali devono fare i conti anche con il ricasco sociale che avrà la prossima crisi su imprese e famiglie, visto che proprio Parigi e Bruxelles sono epicentri delle criticità europee legate al debito privato? Molto più comodo puntare il dito solo sull’Italia e sulla sua manovra che non sta alla regole, invece di dire chiaramente che, nonostante tutta la liquidità della Bce, lorsignori sono ancora alla canna del gas, il tutto senza che l’economia abbia sicuramente vissuto alluvioni di credito per ripartire seriamente.

Siamo da capo, come vi dico dall’inizio. E se questo Governo vuole il bene del Paese, la smetta con le battaglie di retroguardia tutte finalizzate elettoralmente al voto di maggio e indichi chiaramente alla gente la luna della crisi sistemica e dei rischi a essa connessi e non il dito puntato contro Bruxelles, tanto per ideologia e congenita stupidità dei singoli (ogni riferimento all’eurodeputato leghista e alla sua scarpa è puramente voluto). Altrimenti, si preparino al giudizio della Storia. Attenti a Generali, ad esempio, perché il bersaglio finale è quello. E con esso, il controllo (reale, altro che Parlamento) del Paese.

Direte voi, cosa c’entra il “Chi di Porta a porta ferisce, di Porta a porta perisce” di inizio articolo e la svolta che vi preannunciavo? Semplice, la Lega ha deciso che i Cinque Stelle non servono più. E lo ha comunicato indirettamente proprio da Bruno Vespa sempre il sottosegretario Giorgetti l’altra sera, quando ha dichiarato che «se lo spread arrivasse a 400, le banche italiane andrebbero ricapitalizzate». Nessuno, tantomeno un uomo di esperienza economica come Giorgetti, fissa mai un obiettivo, se non vuole che sia raggiunto. Giorgetti vuole la fine del nostro sistema bancario? No, vuole che quel livello, già oggi tutt’altro che distante, divenga incubo quotidiano, senza essere raggiunto. Per una ragione semplice: sfruttare in quel modo il clima d’emergenza e l’alternativa della patrimoniale da vendere come spauracchio agli italiani, per costringere il Governo a cambiare la manovra e svuotarla di tutte le idiozie pentastellate, reddito di cittadinanza in testa (che vede il Nord contrarissimo). Poi, Di Maio e soci trarranno le conseguenze, ma con la spada di Damocle di prendersi, in caso di mancato ripensamento, la responsabilità politica del potenziale rischio vitale per le nostre banche, fughe di capitali in testa. Insomma, l’incarnazione dell’irresponsabilità. Con somma gioia del Paese, la fine della follia grillina al potere. E la pace con Bruxelles. Un capolavoro.

Pensate che l’onorevole Giorgetti abbia agito in quel modo unicamente per sua volontà o per quella del suo partito? Ripensateci.Quando è stata, infatti, l’ultima volta che lo spread è salito a 400? Nel 2012, poco prima che Mario Draghi fosse costretto al mitico Whatever it takes. Strana coincidenza, non vi pare? Sperate che io abbia ragione.

Leggi anche

FINANZA/ La retromarcia del Governo e lo spettro di Monti sull’ItaliaPROCEDURA EVITATA/ Rinaldi: l’Italia resta sotto commissariamento dal ‘92SCENARIO/ Deficit e manovra, ecco cosa interessa davvero a Bruxelles