Il Quantitative easing (Qe) rappresenta una forma di emissione di moneta aggiuntiva sul mercato dei capitali da parte di una Banca centrale. Nel caso europeo, essendo l’euro un mezzo di scambio che può essere emesso soltanto concedendolo in prestito e che alcuni Paesi aderenti si sono trovati nell’impossibilità di ricorrere, per il tramite di proprie banche, ai finanziamenti concessi dalla Bce, il Qe è stato introdotto per rendere conveniente la cessione dei titoli in portafoglio delle banche commerciali alla Bce. Questa ha deciso di acquistare i titoli innalzando la domanda, e quindi il prezzo sul mercato secondario, rendendo conveniente alle banche cedenti il riacquisto sul mercato primario, dove non possono operare le banche centrali, sapendo che questa avrebbe comunque continuato a effettuare acquisti.



In questo modo le banche aderenti hanno lucrato sulla differenza tra quanto incassato dalla vendita dei titoli in portafoglio alla Bce e il prezzo di acquisto sul mercato primario di nuovi titoli. Così è stata originata una domanda aggiuntiva di titoli di Stato di importo superiore a quello ceduto e pari al differenziale economico tra le cessioni e i nuovi acquisti.



In queste operazioni bisogna tener presente che il Quantitative easing ha previsto che gli acquisti di titoli sono stati autorizzati dalla Bce differenziandoli tra i Paesi aderenti all’euro in proporzione alla partecipazione al suo capitale.

Ne conseguono diversi effetti non equitativi:

1) i Paesi forti e quelli con una maggiore partecipazione al capitale della Bce (Germania e Francia, ma anche quelli con pochi titoli sul mercato, cioè i cui governi sono relativamente meno indebitati) ricavano i maggiori benefici dalle politiche di creazione monetaria attraverso il Qe;

2) la Grecia e l’Italia sono gli Stati maggiormente penalizzati; la prima perché, avendo ricevuto un rating da società private inferiore a quello che consente l’intervento della Bce, non si è trovata nelle condizioni di vedersi acquistare i propri titoli; la seconda perché, pur vedendosi acquistare i titoli, questi acquisti sono stati effettuati a favore di banche private italiane di proprietà estera, il che comporta il trasferimento all’estero degli utili derivanti da queste operazioni.



Occorre esplicitare, sul primo punto, che Germania e Francia conseguono un arricchimento dalla politica di Qe, perché i titoli acquistati dalla rispettiva Banca centrale e dalla Bce hanno un rendimento negativo, cioè trasferiscono ricchezza dal sistema europeo delle Banche centrali alle banche commerciali private o pubbliche nazionali (sia la Germania sia la Francia hanno conservato banche pubbliche); invece l’Italia, pur beneficiando di un ridimensionamento dei tassi d’interesse ed essendo il sistema bancario italiano privato e di proprietà estera (come in mano estera è anche la maggioranza del capitale della Banca d’Italia), il pagamento degli interessi determina un impoverimento a favore dell’estero.

Questa circostanza è abbastanza intuitiva, se si considera che lo stock di debiti acquistato nei Paesi forti è relativamente superiore a quello acquistato nei Paesi a più elevato indebitamento rispetto al Pil, e perciò gli acquisti nei primi, per essere effettuati, conducono a pagare molto più di quanto si riceverà a scadenza tra interessi e capitale; queste operazioni in perdita sono, perciò, giustificate solo dalla circostanza che bisogna tramutare la deflazione in inflazione, originando da parte della Bce una sorta di spendita di denaro in termini di mancati interessi percepiti a favore delle banche cedenti degli Stati ricchi, ma anche una perdita di valore del capitale liquido posseduto da parte dei cittadini europei (passaggio dalla deflazione all’inflazione).

Infine una notazione: negli anni del Qe è stato registrato che la Banca d’Italia, acquistando titoli di Stato italiani da banche commerciali private di proprietà estera ha fornito alle stesse risorse finanziarie superiori a quelle che avrebbe sborsato per comprarle sul mercato e queste risorse sono state investite non all’interno del circuito finanziario nazionale, facendo peggiorare il saldo Target 2 dell’Italia (247 miliardi di euro da febbraio 2015 ad aprile 2017); siccome questo è radicato in Germania, questa ne diventa la principale beneficiaria.